Il pupazzo di neve

Nei paesi anglosassoni i bambini disegnano coi pastelli a cera. Mi ha sempre colpito questa scelta, lontana dalle consuetudini italiane: i pastelli a cera sono difficili da gestire,  però restituiscono un piacere che solo l’immediatezza corposa e densa del tratto può dare pienamente, allo stesso modo non permettono i dettagli. E il “non permettere i dettagli” è forse la loro qualità migliore. In Italia, a scuola, si tende a far stare i bambini nei contorni, anche in libreria mi chiedono spesso albi da colorare per bambini piccolissimi che ancora, però, non hanno imparato a gestire pienamente impugnatura e forza nell’uso del colore. Il pastello a cera è invece lo strumento del disegno libero, quello del “cosa vuoi che ti disegni?” piuttosto che del “colora questo cane”.

Ecco, questo per dire che se dovessimo rispondere al “cosa vuoi che ti disegni” di un bambino abituato all’uso dei pastelli a cera di disegnare un pupazzo di neve, il pupazzo che per primo mi immagino possa realizzare è quello celebre, rinomato, di Raymond Briggs.

Il pupazzo di neve, di Raymond Briggs - 2019 Rizzoli
Il pupazzo di neve, di Raymond Briggs – 2019 Rizzoli

Morbido, soffice, pieno, quasi carezzabile. Fatto di luci, di ombre, di bianco e di silenzio.

Fotogrammi che sono scene, uno dopo l’altro in sequenza. Cominciano dall’idea di pupazzo, che nasce nella mente di un bambino appena sceso dal letto, entusiasta della neve che è scesa durante la notte e si concludono con una separazione che non è amara come il sapore di un addio.

In una notte d’inverno un pupazzo di neve prende vita e accetta l’invito del bambino che l’ha costruito a entrare in casa, di notte, mentre i genitori, ignari della magia che si sta compiendo attorno a loro, dormono. Assieme scoprono tutte le cose incredibili e strane che in una casa possono essere custodite, badando a stare attenti al fuoco, rinfrescandosi un po’ al freddo del frigorifero, cenando a lume di candela e non dimenticando di sparecchiare.

Il sogno si sposta poi all’aperto che è il luogo familiare invece al pupazzo. Indossa il cappello e per mano quasi trascina il bambino alzandosi in volo su un panorama sconfinato e imponente, brillante pur nel buio della notte.

Il pupazzo di neve, di Raymond Briggs - 2019 Rizzoli
Il pupazzo di neve, di Raymond Briggs – 2019 Rizzoli

Il pupazzo di neve è un libro che parla di amicizia, ma si muove con naturalezza nella dimensione del sogno, così come con altrettanta naturalezza ci racconta di una separazione drammatica e quindi della morte. È un libro senza parole, che ne regala tante e che raccomando come lettura natalizia, invernale, intensa.

51eINzot9pL._SX407_BO1,204,203,200_Titolo: Il pupazzo di neve
Autore: Raymond Briggs
Editore: Rizzoli
Dati: 2019, 30 pp., 15,00 €

La pietra blu

Quando interviene la nostalgia, anche le pietre più grandi, quelle più granitiche, quelle blu, possono sgretolarsi. È infida, la nostalgia, talvolta dolce, sembra che non ci sia, che dopo un momento di intensità profonda, sia passata, si sia mescolata ad altro, magari alla rassegnazione, e invece ristà, quieta. Sedimenta e si radica. Basta un soffio di vento che sfiora il viso, basta una parola catturata per caso in mezzo al vociare, basta uno sguardo; la nostalgia riaffiora, si fa largo tra le fenditure dell’anima, tra le venature della pietra e si manifesta, prorompente, autonoma, incontrollabile.

La pietra blu giaceva serena nel profondo della foresta.

Richiama la tranquillità delle lapidi di un cimitero, questo incipit, e in questo libro la morte ricorre spesso, talvolta naturale, talvolta tragica, sin dalla dedica, parole che Jimmy Liao riserva agli amatissimi genitori. Ciò che ne segue pare sia destinato alla serenità. Fino a quando non si insinua nelle pieghe del destino l’intervento dei vivi, della natura che compie il suo ciclo certo e al contempo imprevedibile: nella foresta la pietra pensa di rimanere per sempre, ad ascoltare il canto degli uccelli a gioire del profumo dell’erba. Fino a quando un incendio non distrugge tutto attorno a lei.

La pietra blu, di Jimmy Liao - 2019 Camelozampa
La pietra blu, di Jimmy Liao – 2019 Camelozampa

La pietra si ritrova sola, in un luogo desolato e arido. Poi la pioggia e il tempo fanno il proprio mestiere e tutt’attorno riaffiorano i colori e la pietra blu si convince con gioia che tutto tornerà come prima e per sempre; e invece no. La pietra viene divisa in due parti e una portata via, catturata in una enorme rete, destinata ad altro e altrove.

Da questo momento si instilla nella metà trascinata via la nostalgia e, prima dolore, poi fastidio, poi rassegnazione, ristà, quieta. Fino a quando una bambina, nella grande sala in cui è esposta scolpita a forma d’elefante, le si mette dinanzi e le chiede dove sia la sua casa. La bambina è vestita di blu, tiene in mano un palloncino blu.

A mezzanotte, un palloncino blu le vola davanti e la pietra comincia a pensare all’altra metà rimasta nella foresta. Sopraffatta da un’intensa nostalgia, in un instante va in frantumi.

La pietra blu, di Jimmy Liao - 2019 Camelozampa
La pietra blu, di Jimmy Liao – 2019 Camelozampa

Da questo momento in avanti, la pietra si frantumerà sempre e sempre, ogni volta sarà scolpita in forme diverse e ogni volta, all’insorgere della nostalgia, si frantumerà, in una struggente andatura ritmica che passa attraverso le stagioni, gli anni, i decenni, le sofferenze degli uomini e la propria, imperitura.

La pietra blu, di Jimmy Liao - 2019 Camelozampa
La pietra blu, di Jimmy Liao – 2019 Camelozampa

Un albo illustrato che lascia moltissimo spazio alle immagini che come sempre, sono accompagnate da brevissimi testi, altrettanto incisivi e intensi.

Sara Saorin, editrice di Camelozampa cui dobbiamo l’edizione italiana di questo libro nella traduzione di Silvia Torchio, ha detto, durante un incontro nella mia libreria, che la pietra blu esisteva già nelle intenzioni di Jimmy e ha svelato che altre volte era stata disegnata, piccola o grande, ad anticipare sotto altra forma, la sua storia. L’ho cercata, la pietra blu; la cercavo piccola, tonda, la immaginavo tra i ciottoli di un viale, o su di una spiaggia. L’ho trovata enorme, sulla doppia pagina di un albo che è anch’esso una storia d’amore “Incontri disincontri”, continuerò a cercarla anche altrove.

51C-NTmcCtL._SX411_BO1,204,203,200_.jpgTitolo: La pietra blu
Autore: Jimmy Liao, traduzione di Silvia Torchio
Editore: Camelozampa
Dati: 2019, 148 pp., 22,00 €

Il nostro albero

Il nostro albero, di Mal Peet ed Emma Shoard - 2019 Uovonero

C’è qualcosa che resta sospeso in questo racconto di Mal Peet illustrato da Emma Shoard. E non è il finale, perché quello lascia intendere che una strada, una direzione, dopo una inversione a U radicale, la si possa imboccare. È piuttosto la sensazione che nessuno tra queste pagine sia felice, lo sia stato, possa esserlo compiutamente.

Il nostro albero, di Mal Peet ed Emma Shoard - 2019 Uovonero
Il nostro albero, di Mal Peet ed Emma Shoard – 2019 Uovonero

Ci sono tre persone, un bambino, un papà e una mamma. Poi s’insinua tra loro una casa, una casa sull’albero, con tutto il suo carico di meraviglia, sogno, infanzia. Rapisce il bambino, lo protegge, lo stacca dal suolo ruvido della realtà. Ed è bellissimo. Rapisce il padre, lo protegge, lo stacca dal suolo ruvido della realtà. Ed è quantomeno disturbante. Perché quella presenza adulta, per quanto fragile e ricondotta al desiderio dell’infanzia, contamina quel luogo con il proprio disagio e proprio dolore, deprivandolo del suo valore, della sua identità di spazio deputato ai bambini, dedicato al figlio.

La madre si occupa di tutti gli accidenti pratici, il padre di realizzare un sogno. E lo fa, da animo sensibile quale è, con cura estrema, chiedendo scusa all’albero ogni volta che gli conficca dentro un chiodo. Insieme, padre e bambino, lasciandosi alle spalle una madre che pare indifferente all’uno e all’altro, ma della quale poco si sa e nulla si può giudicare, abitano quel sogno realizzato con amore. Dal Nido, così lo aveva chiamato, padre e figlio ascoltando “il coro dell’alba” assieme, dopo avervi trascorso la notte. È esattamente qui che tutto comincia ad essere sospeso. Lo avevano già anticipato le illustrazioni, con il loro tono morbido, sfumato, quasi sfocato, dove una pennellata di grigio può essere ramo accogliente, coperta, ombra, tremore. Il bambino si addormenta nella casetta sull’albero, certo di risvegliarsi nel suo letto, dopo il bacio della mamma. E ciò non accade e lo smarrisce; il pensiero di quello che c’è oltre la soglia del Nido, preoccupa e affligge il padre, che se ne è già allontanato, con noncuranza. È ansia per la madre.

Il nostro albero, di Mal Peet ed Emma Shoard - 2019 Uovonero
Il nostro albero, di Mal Peet ed Emma Shoard – 2019 Uovonero

“Cosa ne pensi del tuo nido?”
Pensavo che fosse stupendo. Meraviglioso.
Dissi: “è per me?”
Papà mi guardò, con un sorriso corrucciato.
“Certo che lo è!” disse.

Il nostro albero, di Mal Peet ed Emma Shoard - 2019 Uovonero
Il nostro albero, di Mal Peet ed Emma Shoard – 2019 Uovonero

Nel sorriso corrucciato del padre si intravede l’incertezza. Si intuisce che accadrà tutto quello che è certamente accaduto per rendere il meraviglioso Nido l’accozzaglia di rottami che il bambino, ormai adulto, si ritrova davanti dopo aver deciso, senza una ragione vera e propria, di farvi ritorno, di vedere chi abitasse la casa che avevano lasciato quando tutto si era rotto. Tra il Nido e il rottame del nido c’è un amore finito, una malattia, una separazione, un trasloco, certamente del dolore. E il nostro restare sospesi in balìa di una sensazione che si nutre di empatia, che è difficile da dissolvere.

Un racconto che “parla di” non facendolo. Perfetto.

791_ilnostroalbero_COPTitolo: Il nostro albero
Autore: Mal Peet, illustrazioni di Emma Shoard (traduzione di Sante Bandirali)
Editore: Uovonero
Dati: 2019, 90 pp., 15 €

Il cuore e la bottiglia

I libri di Oliver Jeffers sono sempre belli.

Il cuore e la bottiglia oltre ad essere bello è anche struggente, malinconico.

Il cuore e la bottiglia, di Oliver Jeffers - 2019, Zoolibri
Il cuore e la bottiglia, di Oliver Jeffers – 2019, Zoolibri

Per raccontarlo parto, come molto spesso ho fatto negli ultimi mesi, dalle risguardie. Quelle d’apertura, di un bell’azzurro su fondo panna, raccontano del legame tra nipoti e nonni, tra i bambini e certi adulti capaci di porgere un orecchio attento (e giocoforza ancora un poco acerbo) alle domande dei piccoli: quelle esclamate per la meraviglia, quelle sussurrate, quelle del quotidiano, quelle del surreale.

C’era una volta una ragazza più o meno come tante altre

Comincia così, preludendo a molto altro, ma io ho indugiato su quel “più o meno”, che dice tanto negando tutto ma su una base comune, che scopriremo pagina dopo pagina: con gusti diversi, diverse inclinazionei, diversi interessi tutti i bambini si interrogano, interrogano; pongono domande esplicite, ad altre girano attorno. Ciò che fa la differenza è l’interlocutore che incontrano. E lo dicevano già le risguardie che oltre a svolgere la funzione loro propria, oltre quindi a proteggere il libro affinché non si sciupi, protegge anche l’orecchio di chi ascolta, affinché non maturi, una volta smarrita l’infanzia. Affinché conservi la disponibilità del cuore all’ascolto.

Il cuore e la bottiglia, Oliver Jeffers - 2019, Zoolibri
Il cuore e la bottiglia, Oliver Jeffers – 2019, Zoolibri

Oliver Jeffers usa con molta consapevolezza la luce e l’ombra, la densità del colore, la texture anche, in maniera sorprendente e un poco spiazzante, per mettere accenti, per cambiare tono. Sul davanzale della finestra sta un girasole che, come tutti i girasoli usano fare, investito dal pieno sole gli volta le spalle. Il sole entra dalla finestra e investe di luce un nonno e una bambina, l’uno in poltrona, composto, l’altra in piedi, con una gamba a terra e l’altra pronta a partire; e le tante domande e le tante risposte che si scambiano sono così concrete, così presenti, da far ombra anch’esse, assieme a tutto quanto abbia un corpo solido. Sullo scaffale una bottiglia con dentro un veliero.

Ogni nuova scoperta la incantava…

…finché un giorno, trovò una sedia vuota.

Il sole non splende più. La luce è quella flebile della luna. Persino il girasole pare testimone attonito di quel vuoto e della sua pesantissima ombra.

A questo punto, la ragazza decide di preservare il proprio cuore da quel dolore così potente e lo infila in una bottiglia, che appende al collo. E sta bene così, al riparo. È una scelta profonda che nasce dall’essere avventati. Forse spaventati. Chi non lo è del dolore imprevedibile, quello che investe e annienta? Chi non lo è della perdita, del distacco che è per sempre, dell’amore che non c’è più, della cura che svanisce?

E da quel giorno, col cuore in bottiglia, la ragazza non si pose più domande e scoprì di non essere più capace di dare delle risposte.

Questo è forse il momento più intenso di tutto l’albo. Lo sguardo smarrito, alla ricerca di un senso che è fatto di due soli puntini eppure racconta di una presa d’atto, di una svolta, un climax. Da qui in poi bisogna esporre il proprio cuore al vento, alle intemperie, alla gioia sferzante del mare in tempesta, alla burrasca, al refolo leggero, alla pioggerella impalpabile e fresca dell’amore, alla luce calda del sole, a quella fredda della luna.

Le risguardie di chiusura, tornano al cuore. Quello anatomico, con tanto di sezione. Semmai nel frattempo vi foste posti la domanda.

Ah!, c’era un vascello in una bottiglia. Così come per il cuore, ci auguriamo per lui il mare aperto.

Il cuore e la bottiglia, di Oliver Jeffers - 2019, Zoolibri
Il cuore e la bottiglia, di Oliver Jeffers – 2019, Zoolibri

 

 

Il cuore e la bottiglia

Il cuore e la bottiglia, di Oliver Jeffers

Zoolibri  2019, 32 pp., 16,00 €

È tempo di andare

Tra i rami di una quercia, che si intuisce secolare, sono sistemate delle cornici coi ritratti di una bambina e una civetta. Sembrano nidi. Con un mise en abyme perfetto, in una  di esse appare ritratta una civetta, ancora pulcino, appollaiata su di una quercia bonsai, dritta e fiera come se il momento immortalato fosse solenne. In effetti, alle sue spalle, una bambina srotola un nastro, che, nella cornice successiva, è ben annodato attorno al collo dell’uccello.

<em>È tempo di andare </em> di Kim Sena - 2019, Orecchio acerbo
È tempo di andare di Kim Sena – 2019, Orecchio acerbo

È tempo di andare sussurra la civetta a Mia, la bambina ormai cresciuta. Lei solleva lo sguardo dal libro che stava leggendo e lo ferma appena sotto a quello della civetta che tendendo il collo, vorrebbe incontrarlo, per dare conforto. O più fermezza alle sue parole. Si ferma lo sguardo di Mia, mentre la bambina appoggia il capo al tronco della quercia. Bambina e civetta sono circondate da anemoni, fiori primaverili e fragili dal cuore viola, blu, quasi nero, su cui soffiano e indugiano Zefiro e Borea rendendoli effimeri, concedendo loro vita breve. Tiepido Zefiro, e morbido, come potrebbe essere la carezza di una piuma, freddo Borea, come potrebbe essere il piglio di una pantera, in attesa, paziente.

È tempo di andare di Kim Sena - 2019, Orecchio acerbo
È tempo di andare di Kim Sena – 2019, Orecchio acerbo

È tempo di andare sì, ma perché?  Mia è incredula, perplessa. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto salutare la sua amica ma non riesce a capacitarsi dell’ora, dell’adesso, del tornare all’improvviso da dove si è arrivati. Tornano allora sul luogo del loro primo incontro, ripercorrono i ricordi della loro vita assieme. Poi il cielo si tinge di rosa e uccelli lo solcano ad ali spiegate. Forse Lucy, la civetta, andrà nella stessa direzione. Il tramonto tinge tutto di un arancio morbido che inonda anche i petali delle peonie che regali e tuttavia lievi sostengono Mia, curano il suo dolore rendendo il ricordo immortale, mentre bambina e civetta si fondono l’una nel volto dell’altra, l’una nei pensieri dell’altra.

<em>È tempo di andare </em> di Kim Sena - 2019, Orecchio acerbo
È tempo di andare di Kim Sena – 2019, Orecchio acerbo

La luna è ormai alta in cielo, Mia e Lucy socchiudono gli occhi e immaginano. In primo piano delle splendide foglie di hosta dal verde venato di bianco. Sono piante che non temono le intemperie, per prima la lontananza, che perdono con naturalezza anche tutte le foglie ma conservano vivi e fertili i rizomi per poi rinvigorirsi, tornare, ancora.

Per Lucy è tempo di andare. Un abbraccio in silenzio, il nastro rosso sciolto, e tenui fiori d’ortensia a far da corolla al distacco.

Kim Sena, ancora una volta, con le sue illustrazioni a matita raggiunge il contesto impalpabile del sogno. La poesia surreale dell’amicizia, della forza, del ricordo.

On line, sul blog di Kim Sena, ho trovato una tavola, I see you.  Non so se sia parte di un nuovo libro, se sia invece un’opera a sé stante ma non posso non chiedermi: che non sia Mia la ragazza, ormai adulta, con in mano il nastro che, pur essendo sciolto lega assieme chi resta e chi va via? Sotto la luna, non più piena, che non sia Lucy, di ritorno, come sperato?

I see you di Kim Sena
I see you di Kim Sena

E tempo di andare_coverTitolo: È tempo di andare
Autore: Kim Sena
Editore: Orecchio acerbo
Dati: 2019,44 pp., € 15,00