Cari popolli mettetevi comodi, per queste storie ci vuole cuoraggio

È una raccolta di racconti edita da Salani qualche anno fa (1990), questa di cui vi racconto. Ed è una raccolta selezionata e curata da un lettore piuttosto speciale. Si tratta del Libro delle storie di fantasmi, quattordici capolavori della paura scelti da un grande maestro dell’imprevisto: Roald Dahl.

Si tratta di un libro che ho letto diversi anni fa, e che spesso mi sono ripromessa di recensire, ritenendo che sia una lettura sapientemente curata e considerando i racconti di paura tra i più riusciti del genere essendo lo spazio contenuto molto adatto a orchestrare il montare della tensione, il nascere di dubbi e sospetti, fino alla risoluzione terrorizzante, angosciante, lugubre.

L’ho quindi riletto, partendo dall’introduzione di Dahl. Bello è stato ricordarsi del lavoro condotto per arrivare a questa selezione, belle le osservazioni sulla letteratura, sempre incisive.

Raccontare la paura, l’angoscia, raccontare i fantasmi, i morti, è sempre complesso. È l’irreale che si fa strada prepotentemente ma in silenzio, muovendosi di fruscii, di ombre passeggere, di soffi gelidi, folate di vento. È l’angoscia che alberga in ciascuno a materializzarsi e a prendere forma, sebbene dai contorni vaghi. E rendere l’irreale, rendere l’angoscia, è faccenda da maestri. Infatti:

È un fatto singolare ma, nelle migliori storie di fantasmi, il fantasma non c’è. O, per lo meno, non si vede. Si vede però il risultato delle sue azioni. Ogni tanto potete avvertire un fruscio alle vostre spalle, o intravedere tracce fugaci della sua presenza…

In Harry, di Rosemary Timperley, la presenza dello spettro che blandisce e rapisce una bimba, è solo un fugace bagliore di capelli rossi tra i fiori bianchi. È il terrore che macchia il candore per poi far come se non ci fosse, per poi svanire, se non per tornare e colpire ferocemente, senza pietà.

Assieme alla Timperley ci sono Le Fanu, Wharthon, Middleton, Crawford, Hartley, Asquith, Lie, Burrage, Aickman, Treadgold, Burrage, Hartley, Benson. Tutti artefici di una paura sottile ed elegante. Quattrodici storie da leggere di notte, da soli, o assieme, ad alta voce, come si usava fare all’epoca in cui sono stati scritti, per attutire il rimbombo dei cuori, per scacciare spauracchi, fronteggiare gli incubi.

La storia di questa raccolta è singolare: Nel 1958 Dahl selezionò questi racconti con l’idea di realizzare una serie tv. Fece una cernita piuttosto faticosa, tutta in salita, tra centinaia di racconti che scoprì non essere tutti, anzi essere ben pochi, belli, spaventosi, efficaci. Poi la serie naufragò (ai nostri giorni funzionerebbe eccome!) perché si scelse una storia che chiamava in causa la Chiesa cattolica romana: nessuna rete tv americana l’avrebbe mai mandata in onda…

Tutto il lavoro però non è andato sprecato, e il risultato è questa antologia che non dovrebbe mancare nei vostri scaffali.

Il racconto che ho trovato più angosciante, l’ho detto poco sopra, è Harry di Rosemary Timperley. Il preferito da Dahl è invece Elias e il Draug

A mio parere, una delle storie più angosciose di questa antologia è stata scritta dal norvegese Jonas Lie. È una favola crudele e meravigliosa […] e sono certo che il suo Elias e il Draug vi metterà i brividi. E spero che restiate ugualmente turbati dagli altri racconti di questa antologia.

51zlojsnfslTitolo: Il libro delle storie di fantasmi
Autore: AA. VV., a cura di Roald Dahl
Editore: Salani
Dati: 2013, 271 pp., 12,90

Trovate questi libri tra gli scaffali del Giardino Incartato, libreria per ragazzi in via del Pigneto 303/c, Roma. Oppure, se non siete a Roma potete trovarci su Bookdealer o chiederci di spedire a casa vostra, lo faremo con molto piacere ricorrendo a Libri da asporto.

Frantz e il Golem nato dalla parola

L’occhio della luna è un regista che applica magistralmente la carrellata indietro a scoprire nella notte buia della Praga del 1892. L’occhio della luna illumina e si posa in ambienti scuri, chiusi, e disvela e racconta dal basso verso l’alto chi vi abita: al primo piano Aaron Wassertrum, che infonde un’anima ai suoi burattini di legno, al secondo Myriam, figlia del robivecchi. Al terzo, che poi è l’ultimo, Frantz Munka.

Frantz e il Golem, Irène Cohen-Janca, Maurizio A. C. Quarello - 2016, Orecchio acerbo
Frantz e il Golem, Irène Cohen-Janca, Maurizio A. C. Quarello – 2016, Orecchio acerbo

Un burattinaio che infonde l’anima in ciò che è inerte; una bambina dalla pelle di madreperla; un robivecchi; un ragazzino curioso. Gli elementi di questa storia, lunga e intensa, sono tutti qui. In queste prime due pagine e nell’illustrazione che le chiude. È “la Pistola di Čechov”, se la vedi tra le pagine prima o poi sparerà, qui magistralmente resa in una narrazione d’un fiato che coinvolge rigo dopo rigo e si chiude con lo sguardo di Frantz, puntato su chi legge nell’atto di suggerirci di non tradirlo, spalancato nel comunicarci l’urgenza dell’atto che sta per compiere e la sua sconsideratezza. Frantz si muove rapido sul foglio, la sciarpa si sposta nel passo concitato, in procinto di uscirne, in basso a destra, abbandona la pagina e la quiete del suo palazzo grigio per addentrarsi verso un altrove misterioso e sconosciuto.

Mai nessuno dovrà tentare di salire in soffitta. E neppure socchiudere la botola per guardare dentro. Chi ci ha provato ha perso la ragione. Un altro ha perso la vita. Avete capito bene?

Un luogo proibito quello cui Frantz arriva nonostante le raccomandazioni, nonostante il divieto. Un luogo pericoloso.

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Frantz e il Golem, Irène Cohen-Janca, Maurizio A. C. Quarello – 2016, Orecchio acerbo

È il 21 gennaio del 1892 e nel leggere dei passi coraggiosi e disubbidienti di Frantz imparo la perseveranza della curiosità e il brivido che ne consegue; imparo, o credo di riuscirci, a leggere un orologio a doppio quadrante.

Nella stregata luce della luna, Frantz, gli occhi chiusi e i pugni stretti, attraversa frontiere proibite.

Frantz apre la botola della soffitta, abitua i suoi occhi al buio e nel farlo si da il coraggio che gli manca. Rimane tremante, ma il tremore non basta a farlo esitare nel momento in cui si avvicina a un mucchio di stracci da robivecchi. Sceglie un mantello incrostato di fango e polvere e lo indossa. Perché? Cosa lo induce a compiere con tale determinazione un gesto che gli fa ribrezzo?
La magia è già iniziata, questo gesto la conclude, ma essa aveva preso vita, si era radicata in Frantz, già mentre ascoltava la storia narrata dal rabbino. È una magia fredda e travolgente che lo porta indietro nel tempo in una buia notte d’inverno a Praga, nel 1580. Notte in cui il Maharal della città ha deciso che il tempo delle persecuzioni nei confronti degli ebrei deve finire. Come riuscirci lo scopre in un sogno: dovrà creare un golem d’argilla, esso li proteggerà.

Nel 1580 cambia il tono, cambia il lessico. Si leggono formule arcaiche, si ricorre a espedienti magici per contrastare una realtà violenta e persecutoria. Il Maharal dà vita, dalla pietra e dal fango, a una creatura che realmente sarà capace di proteggerli, ma non è il burattinaio capace di dare alla proprie creature di legno un’anima. Il golem ne è privo e senza di essa non può che impazzire, per ritrovare poi la sua pace inerte, grazie all’intervento di madreperla di una ragazza di nome Myriam.

211 Frantz e il GolemTitolo: Frantz e il Golem
Autore: Irène Cohen-Janca, Maurizio A. C. Quarello
Traduttore: Paolo Cesari
Editore: Orecchio acerbo
Dati: 2016, 48 pp., 16,50 €

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Il libro di Natale

Questo che vi racconto oggi è un Natale nordico, freddo, tradizionale. È un Natale che mescola atmosfere religiose con elementi magici, radicati nella tradizione delle fiabe popolari. E come tutte le fiabe popolari sono tinte sì dai colori caldi del Natale, che parlano di pomeriggi trascorsi davanti al focolare, di cene di famiglia, di regali, ma anche da quelli freddi della solitudine, della crudeltà, di tutti quegli accidenti di cui si nutrono le fiabe.

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Carl Larsson ”Now It’s Christmas Time Again” 1907

Il Libro di Natale di Selma Lagerlöf, amatissima autrice di uno dei protagonisti assoluti della letteratura per l’infanzia, Nils Holgersson, raccoglie 8 racconti, che sono fiabe, che sono leggende, che sono novelle, già editi in altri contesti ma qui accomunati da un filo rosso e tintinnante: il Natale.

Il primo racconto, che dà il titolo alla raccolta, per come è posto e per ciò che narra, mi ha fatto pensare a una sorta di cornice, è come se il libro tanto atteso dalla bimba che lo riceve come regalo di Natale, contenesse tutte le altre storie. Per tutto il tempo della lettura ho immaginato quella bambina seduta a sfogliare e leggere e leggere, di venditori ambulanti di trappole per topi grotteschi e cenciosi e al contempo portatori di una visione metafisica della realtà che si traduce in redenzione (La trappola per topi); di zie/matrigne crudeli sopra ogni immaginazione e di candori inattaccabili, testardi e vittoriosi (La leggenda della festa di Santa Lucia); di macabri ospiti a cena in un susseguirsi folle di eventi (Il teschio).

Sono racconti complessi e raffinati, ciascuno con il proprio, unico, carattere, che consiglio a bimbe e bimbi dai 12 anni (ma che nessuno dica loro che li ho affettuosamente definiti così!).

91AmU6wJYNL._SL1500_Titolo: Il libro di Natale
Autore: Selma Lagerlöf (con découpages di Galina Atamanchuk)
Editore: Iperborea
Dati: 2012, 120 pp., 12,50 €

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Un Canto di Natale

Canto di Natale, Roberto Innocenti - La Margherita edizioni
Canto di Natale, Roberto Innocenti – La Margherita edizioni

A vederli così, per strada, seduti direttamente sulla neve, cenciosi, laceri, soffocati da muri grigi di mattoni che incombono piuttosto che dar riparo, li si penserebbe senza speranza, senza grandi speranze, questi mendicanti. A vederli sorridere nonostante il freddo, nonostante gli scialli leggeri, le striminzite giacchette, li si penserebbe in attesa, lieti, ciononostante.

Canto di Natale, Roberto Innocenti - La Margherita edizioni
Canto di Natale, Roberto Innocenti – La Margherita edizioni

Ma in attesa di cosa? Qual è la ragione di questa luce morbida e ambrata che tutto tocca e investe? Che non si sofferma sui capi sanguinanti delle oche appena sgozzate, sugli sguardi afflitti e pensosi dei bambini alla finestra, sui poveri stracci stesi al gelo, ma indugia piuttosto sugli occhi di un bimbo che sta relegato in un angolo in basso, di una delle tavole più intense e ricche realizzate da Roberto Innocenti per il Canto di Natale dickensiano? Gli occhi di quel bimbo, mani giunte delicatamente sul grembo, bocca serrata, parlano proprio con noi che leggiamo e restano indifferenti alla perplessità del gruppo di persone appena investite dalla neve spalata dal tetto: non ragionar di loro, interessati a me; sono iperrealistici, sono struggenti. Richiedono attenzione esclusiva, e la ottengono, sebbene anch’essi ripongano la stessa domanda: cos’è che fa morbidi gli accidenti, sorridenti i volti?

Canto di Natale, Roberto Innocenti - La Margherita edizioni
Canto di Natale, Roberto Innocenti – La Margherita edizioni

Ma il Natale! O meglio, il suo canto; il canto dei giorni che lo precedono, l’attesa, la speranza che quelle ore possano essere davvero magiche, che davvero offrano l’occasione di piroettare sulla neve, senza cadute, senza pensieri. Di guarire, di mettere nello stomaco un boccone caldo, di diventare umani.

Canto di Natale, Roberto Innocenti - La Margherita edizioni
Canto di Natale, Roberto Innocenti – La Margherita edizioni

Lo sguardo dall’alto, la prospettiva forzata, l’anima nera come il carbone londinese di Ebenezer Scrooge, i vicoli stretti e soffocanti, i volti come gonfi, contusi o infossati e scarni, tutto si fa simbolico ed esasperato,  diventando spiriti, fantasmi di un Natale trascorso o che ancora deve arrivare e potrebbe essere occasione, svolta. Un cambiamento per Scrooge e per tutti coloro che, loro malgrado, gli gravitano attorno.

La narrazione si chiude con uno sguardo attraverso una finestra che dà sulla primavera, mentre tracce vivide dell’inverno e del Natale ormai passato restano a tenere il segno di quello che è stato.

indexTitolo: Un canto di Natale
Autore: Charles Dickens, Roberto Innocenti
Editore: La margherita Edizioni
Dati: 2014, 159 pp., 29,00 €

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I racconti delle fate – Collodi

Cenerentola. I racconti delle fate, Carlo Collodi, illustrazioni di Giuliano Ferri- Gallucci 2013
Cenerentola. I racconti delle fate, Carlo Collodi, illustrazioni di Giuliano Ferri- Gallucci 2013

La negazione del lieto fine è l’atto più coraggioso, spietato e affascinante assieme, che Perrault operò nel redigere i suoi Contes de ma mère l’Oye. All’epoca, si era alla fine XVII secolo, i contes erano destinati a un pubblico perlopiù adulto, conditi da spunti violenti e conturbanti, allusioni alla sfera sessuale, portatori di temi molto forti (eclatante il padre incestuoso di Pelle d’asino) che non trovano soluzione o scampo. Dal mondo dell’infanzia prendevano a piene mani la sospensione dell’incredulità, l’attenzione ai movimenti di scena e la tensione associata all’ascolto di avventure pericolose e avvincenti.

(Carlo Collodi, I racconti delle fate, Adelphi con prefazione di Giuseppe Pontiggia)

Cappuccetto Rosso. I racconti delle fate, Carlo Collodi, illustrazioni di Giuliano Ferri- Gallucci 2013
Cappuccetto Rosso. I racconti delle fate, Carlo Collodi, illustrazioni di Giuliano Ferri- Gallucci 2013

Quando arrivarono in francese tra le mani di Collodi, che ancora non aveva idea di quanto avrebbe dovuto ai racconti per bambini non avendo ancora creato il celebre burattino di legno, suscitarono in lui immediatamente un coinvolgimento passionale proprio per la loro complessità. Collodi si impegnò nella sua opera di traduzione portando da una riva all’altra (dalla corte del Re Sole alla Toscana del Granduca popolare e ricca al contempo) vicende e personaggi complessi e sfaccettati, mai completamente innocenti, mai del tutto colpevoli, nemmeno quando passano a filo sette bambine e poi tornano dormire tranquillamente di fianco alla propria moglie (in fin dei conti che si trattasse di un orco è ben esplicitato!).

E nel dir così, senza esitare, tagliò la gola alle sue sette figliuole. Gustave Dorè, Pollicino. Carlo Collodi, I racconti delle fate - Adelphi, 2002
E nel dir così, senza esitare, tagliò la gola alle sue sette figliuole. Gustave Dorè, Pollicino. Carlo Collodi, I racconti delle fate – Adelphi, 2002

Collodi tutto questo lo fa dando luogo a racconti delle fate coloriti e ricchi da leggere con molta attenzione, cautela direi a tratti (ma qui il discorso entrerebbe facilmente nel campo della ricezione da parte dei piccoli lettori/ascoltatori e sarebbe troppo lungo affrontarlo), operando con la consapevolezza che nel “voltare” in italiano I racconti delle fate il presupposto fosse quello di rimanere fedele al testo originale in francese “ad ogni modo, qua e là” – dichiara – “mi feci lecite alcune leggerissime varianti, sia di vocabolo, sia di andatura di periodo, sia di modi di dire: e questo ho voluto notare qui in principio, a scanso di commenti, di atti subitanei di stupefazioni e di scrupoli grammaticali o di vocabolario. Peccato confessato, mezzo perdonato: e così sia”.

Barbablù. I racconti delle fate, Carlo Collodi, illustrazioni di Giuliano Ferri- Gallucci 2013
Barbablù. I racconti delle fate, Carlo Collodi, illustrazioni di Giuliano Ferri- Gallucci 2013

La versione che consiglio oggi, edita da Gallucci, ripropone I racconti delle fate di Collodi (il quale aggiunse al corpus perraultiano anche quattro storie di Madame d’Alulnoy e due di Madame Leprince de Beaumont*) illustrate da Giuliano Ferri. L’edizione, altrettanto fedele all’originale, si distingue subito come destinata a piccoli lettori rispetto a quella ” target=”_blank”>Adelphi, elegante e bellissima con le tavole di Dorè, che è lettura destinata ad adulti pur riportando le medesime storie (!). Le illustrazioni, dai colori brillanti e allegri, sono molto delicate;  sognanti alleggeriscono il testo della inesorabile compostezza (e negazione del lieto fine cui accennavo all’inizio) che lo contraddistingue. Curioso il processo di antropomorfismo degli animali che in questo caso si spinge oltre raggiungendo e contaminando il mondo delle fate, non antropomorfe ma dalle sembianze animali. Il linguaggio è complesso, alcune divagazioni assolutamente d’epoca potrebbero distrarre il piccolo ascoltatore (che dovrà avere perlomeno sette anni) ma gli sguardi rapiti e la lettura incantata sono garantiti; peraltro è curioso ravvisare in diversi passaggi tracce di quel che sarà Pinocchio, con sberleffi e sarcasmo, con quelle port-icine, quelle carrozz-ine e stanz-ine e tutte quelle cose piccine che tanto familiari sono alle nostre orecchie bambine.

* Di Madame d’Aulnoy sono La bella dai capelli d’oro, L’uccello turchino, La gatta bianca, La cervia del bosco e di Madame Le Prince de Beaumont Il principe Amato e  La Bella e la bestia)

copertinaTitolo: I racconti delle fate
Autore: Carlo Collodi, Giuliano Ferri
Editore: Gallucci
Dati: 2013, 375 pp., 18,00 €

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Melisenda e altre storie da non credere

 Lidsey Yankey - Melisenda e altre storie da non credere 2012 L'eccentrico usurparore in abiti di flanella
Lidsey Yankey – Melisenda e altre storie da non credere, 2012 – L’eccentrico usurparore in abiti di flanella

Che cosa c’è di più stuzzicante del dare un ordine inverso alle cose uscendo dagli schemi, lasciando saltellando sentieri già battuti e lanciarsi di corsa su altri, mai o poco percorsi in cui incrociare stravaganze, umorismo, creazioni surreali, tradizioni rivisitate e bizzarrie?

E cosa piace molto fare ai bambini se non cercare percorsi alternativi in cui sentirsi liberi di cercare altri punti di vista, altre conclusioni, magari non conservatrici o e reazionarie?

 Lidsey Yankey - Melisenda e altre storie da non credere, 2012 - La montagna blu
Lidsey Yankey – Melisenda e altre storie da non credere, 2012 – La montagna blu

Se questi nove racconti di Edith Nesbit si incontrano da adulti bisogna superare la barriera della stravaganza, mentre se si propongono ai ragazzi e ai bambini essi non avranno alcuna difficoltà a divertirsi e a cogliere quel genio e sregolatezza che è la forza di questa autrice che Bianca Pitzorno (che tra i suoi 100 libri per navigare nel mare della letteratura della Nesbit consiglia Cinque bambini e la cosa) definisce “profonda conoscitrice della psicologia infantile”. Refrattaria alle morali, allergica agli intenti educativi, Edith Nesbit è straordinaria nel divertire e nel farlo raccontando.

Per questi nove racconti, scritti immediatamente prima dei suoi più celebri romanzi, ormai classici in Inghilterra, Rita Valentino Merletti ha scritto una succosa introduzione in cui, tra le altre cose interessanti, opera un intelligente parallelo tra uno dei racconti (Le conseguenze dell’aritmetica) e Lewis Carrol e il suo Gioco della logica.

Melisenda  ci è piaciuto per il suo essere stravagante e per le belle illustrazioni di Lindsey Yankey.

mentre invece la resa delle illustrazioni ci sembra non perfetta, l’effetto è un po’ sbiadito.

raccomandato: agli amanti delle storie divertenti e non convenzionali
prezzo: buono. Regalo perfetto per Natale

Titolo: Melisenda e altre storie da non credere
Autore: Edith Nesbit, Lidsey Yankey
Editore: Donzelli
Dati: 2012, 258 pp., 25,00 €

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“Chi sono io?” – chiese la cellula X – e il Prof. Strizzaocchi rispose

Cos’è che accomuna la maggior parte degli scienziati/biologi? Beh, probabilmente la dedizione allo studio, le ore trascorse in laboratorio intenti a studiare, la passione per la scoperta e la condivisione (c’è una grande dose di generosità in chi si occupa di scienza, è una convinzione che mi accompagna sin da quando ero bambina)… Sì, tutte queste cose sì, certamente, ma soprattutto gli scienziati da laboratorio strizzano gli occhi in una certa e unica maniera che li rende inconfondibili: quella maniera che è diventata per loro abitudine a furia di osservare e ricercare al microscopio. Non c’è nulla di cui stupirsi, dunque, se lo scienziato di cui parla questa storia abbia gli occhi piccolissimi, viva tra provette e fiale, trascorra tanto tempo al microscopio alla ricerca di misteri da risolvere e casi da spiegare e di cognome faccia Strizzaocchi.

Le giornate in laboratorio scorrono abbastanza simili le une alle altre, se non fosse che in una particolare giornata il Prof. Strizzaocchi abbia avuto l’occasione, e l’abbia colta, di stringere amicizia con un essere praticamente invisibile ma altrettanto impertinente e curioso: una cellula, la cellula X.

La giovane e curiosa cellula X tempesta il Prof. Strizzaocchi di domande ottenendo, dopo qualche prima reticenza (c’è da comprenderlo, il discorrere con una cellula rientra nella lista delle cose perlomeno surreali quando non strambe) tutte le risposte cercate: la cellula X scoprirà tutto su nucleo, mitocondri, DNA, proteine, ribosomi.

“Ho una domanda per te. Che cosa sono io?”, così incomincia il dialogo/storia tra la cellula e il Professore, un dialogo in cui alle spiegazioni rigorosamente scientifiche s’alternano momenti buffi e divertenti. Un modo delizioso e semplice per avere risposta a una macroscopica domanda esistenziale. Il racconto è vivace, la piccola cellula non ha tempo da perdere, nel suo mondo i pericoli sono molti e la strada per la salvezza rocambolesca. Il Golgi, il grande e quieto porto sottomarino, non è affatto semplice da raggiungere e, soprattutto, il sottomarino cellulare col quale arrivarci va costruito interamente all’occorrenza.  Alla fine di ogni capitolo una piccola sezione propriamente scientifica con la storia degli strizzaocchi e degli inventori ideatori di strumenti, tecniche e teorie fondamentali per il progresso scientifico. Per i piccoli aspiranti scienziati, infine, ci sono tutte le istruzioni utili a costruire una cellula con oggetti facilmente reperibili.

Una sorpresa veramente piacevole (ma, caso strano per essere una sorpresa, abbastanza frequente coi libri di Editoriale scienza) sono le illustrazioni di Agnese Baruzzi: affascinanti, mai asettiche, piuttosto vive, in movimento.

Titolo: Lo strano caso della cellula X
Autore: Lorenzo Monaco, Matteo Pompili
Editore: Editoriale scienza
Dati: 2012, 96 pp., 10,00 €

La piccola fiammiferaia alla riscossa

Si sconsiglia la lettura alle persone troppo schizzinose – avverte Bianca Pitzorno in apertura de L’incredibile storia di Lavinia. Aggiungerei che se ne consiglia la lettura, invece, a tutti quanti abbiano voglia di ridere a crepapelle, oppure commuoversi fino alle lacrime e, poi, a tutti quanti coloro che, dotati di uno spirito dissacrante, abbiano voglia di mettere in atto (almeno figuratamente) qualche piccola rivalsa sulle persone grette e prepotenti. Perché poi, diciamocelo fuori dai denti, taluni si comportano davvero in maniera odiosa nei confronti dei più deboli, allora che quest’ultimi abbiano una possibilità e, quando ce n’è davvero bisogno, sporchino liberamente con la cacca quelli che se lo meritano è anche giusto!

L'incredibile storia di Lavinia - Bianca Pitzorno, E. Bussolati - Einaudi
L’incredibile storia di Lavinia – Bianca Pitzorno, E. Bussolati – Einaudi

Perché concorderete tutti con me, che un uomo, proprietario di un negozio di scarpe, che neghi a una bimbetta di sette anni scalza sulla neve della vigilia di Natale, intirizzita, quasi congelata dal freddo, un paio di scarponcini, un po’ di cacca la meriti; e un direttore d’albergo che, affogato nell’abbondanza, sovrastato dalla propria indifferenza, neghi a una bimbetta, sempre quella di cui sopra denutrita e lacera, un po’ di cibo, se la meriti anch’esso…

Lavinia è una bimba sola e povera, per raggranellare qualche soldo vende i fiammiferi sulle scalinate del Duomo di Milano. Non ha nessuna prospettiva dinanzi a sé, nessuna speranza, e non conta che sia Natale: la neve è fredda e i crampi della fame dolorosi. Quando per Lavinia sembra non prospettarsi altro che un’altra notte all’addiaccio ecco che da un taxi scende una scosciatissima ed eccentrica signora (che si rivelerà essere poi una fata) che le dona un oggetto magico: un anello tra i più preziosi, grazie al quale, ogni volta che Lavinia lo desidererà e semplicemente girandolo, potrà trasformare qualsiasi cosa in cacca (naturalmente la puzzolente magia è reversibile e Lavinia può riportare le cose al loro stato iniziale se lo desidera).

L'incredibile storia di Lavinia - Bianca Pitzorno, E. Bussolati - Einaudi
L’incredibile storia di Lavinia – Bianca Pitzorno, E. Bussolati – Einaudi

Lavinia è fantasiosa e spiritosa, non si perde mai d’animo e imparerà a usare l’anello magico per volgere a suo favore anche le situazioni più difficili e finalmente incominciare a vivere una vita più adatta a una bimbetta; l’unica cosa che le manca è l’affetto di un amico e sarà proprio la conquista della vera e disinteressata amicizia l’avventura più avvincente in cui ci trascinerà Lavinia.

La storia di Lavinia in formato tascabile è illustrata da Emanuela Bussolati con immagini dai tratti lineari, dai colori tenui, divertenti, nella maggior parte dei casi, e ricche di dettagli ma anche dolci e struggenti quando indugiano nella resa della condizione di povertà e solitudine della piccola Lavinia. Per fortuna c’è la cacca però! È proprio il caso di dirlo, e questa magia fumante e scura ci restituirà un divertito sorriso perché, che sia puzzolente o meno, la magia è sempre tale.

Bianca Pitzorno col suo tocco frizzante e lieve ci regala una fiaba natalizia sui generis, ideale per trascorrere un po’ di tempo assieme ai nostri bambini riflettendo e trovando una soluzione dolce e divertente all’amarezza dell’indifferenza.

97888792617221Titolo: L’incredibile storia di Lavinia
Autore: Bianca Pitzorno, E. Bussolati
Editore: Einaudi ragazzi
Dati: 2010, 112 pp., 8,00 €