
La casa sull’altura è abbandonata. Da lontano non si direbbe. Poi, a guardar bene, ci si accorge che i campi sono ormai a saggina e gli unici frutti che potrebbero essere raccolti sono i fichi d’india.
Siamo in Sicilia? Potrebbe darsi da come sembra riluca il sole sul tratto in bianco e nero di Simone Massi. Solo certi raggi di sole sono capaci di farlo, come lo farebbero sulla striatura argentea di una lumaca.
Ma la campagna è campagna ovunque, in Sicilia come nelle Marche, in Calabria come in Sardegna, in Italia come in Russia (e non a caso il libro è già stato edito in Russia, cercato e accolto con grande passione). Non dovevo leggere la postfazione di Goffredo Fofi, non dovevo farlo perché adesso non posso fare a meno di condividere il suo punto di vista e di scoprirlo assolutamente in linea con il mio. Cita Pasolini, Silone, cita Levi e Kapuscinski e radica la sua lettura nel principio dell’accordo perduto e tradito tra uomo e natura.

La casa dell’altura ha un tetto di legno e di tegole, una stanza, una cucina in cui troneggia la nicchia con la Madonna, luogo del raccoglimento, dei numi tutelari, della preghiera. Il letto con la testata di ferro battuto, le sedie impagliate sistemate dallo scorrere del tempo e dalle folate di vento come se ci fosse un disegno, vicino alla finestra e alla luce. Immagino i bimbi, ginocchia sull’impagliatura, gomiti sul davanzale, occhi alla valle in attesa del ritorno dei genitori.
La casa sull’altura è abbandonata, i proprietari si sono trasferiti in città, ma qualcuno vi trova ancora rifugio e conforto. Gli animali, molti solo di passaggio, alcuni per tutto l’anno, come i ragni, vivono lì. Un giorno arriva di corsa, segnando l’erba del passo veloce, un bambino; e gli animali sperano che sia arrivato per restare. La loro sintonia dura due settimane, poi il bimbo, improvvisamente, così come era arrivato, torna sui suoi passi, per non fare più ritorno.

Le tavole si leggono assieme ma potrebbero raccontare ciascuna la propria storia. Le parole si legano alle illustrazioni e ritmicamente le cantano. Incontrare il siciliano dei versi di De Vita in chiusura, poi, è un ritorno, un ritorno proprio a quei sentimenti universali che in ogni campagna imperano.

Ho letto la postfazione.
Avrei dovuto abbandonarmi allo sgomento profondo che mi ha attanagliato lo stomaco dinanzi alla forza struggente della disperazione fanciulla. La disperazione di un bambino è simile solo ad altri due tipi di disperazione: quella dei vecchi e quella degli animali. Gli occhi si riempiono di cose mai o già viste; si riempiono di rimpianti e solitudine, smarrimento e senso di inadeguatezza, e parlano ma in un linguaggio a noi esseri del limbo, in cui la fanciullezza è distante e la vecchiaia altrettanto, assolutamente incomprensibile. Laddove degli animali comprendono, noi piangeremmo; laddove degli animali si entusiasmano, noi avremmo il bisogno di organizzare e dare forma alle cose e ai propositi. Laddove gli animali si lasciano andare al senso (profondo) e distruttivo della disperazione, noi cercheremmo la mediazione e di tutto questo resteremmo feriti, ripiegati su noi stessi, sradicati. Foglie accartocciate sul pavimento ormai in rovina di una vecchia casa di campagna.

Titolo: La casa sull’altura
Autori: Nino De Vita e Simone Massi (ill.)
Editore: Orecchio acerbo
Dati: 2011, 68 pp., 16,50 €
Trovate questo libro tra gli scaffali del Giardino Incartato, libreria per ragazzi in via del Pigneto 303/c, Roma.