Alla ricerca della leggerezza perduta

La leggerezza perduta, di Cristina Bellemo e Alicia Baladan - 2013, Topipittori
La leggerezza perduta, di Cristina Bellemo e Alicia Baladan – 2013, Topipittori

Tra tutti i libri ricevuti in questa settimana in attesa di essere letti, La leggerezza perduta aveva trovato il suo posto nella parte più umile e in ombra della mia libreria. Non conoscevo le autrici, mentre dalla pila, ammiccanti, mi strizzavano l’occhio Ungerer e Browne. Mea culpa, ci sono circostanze in cui mi ritrovo a pagare le abitudini e le passioni (di buono hanno che non sono passeggere) depauperando la possibilità di meravigliarmi consolidandole. Ebbene, probabilmente questa attitudine ha subito anch’essa il contraccolpo della meraviglia; perché quando ci si imbatte nella meraviglia è complesso tornare sui propri passi, e nessuno, me compresa, è così sciocco dal volerlo fare: sfogliare un libro non ha senso, non ho mai pensato che ne avesse anche solo per la superficialità che un gesto come questo si porta sulle spalle; per il mestiere che mi sono scelta è essenziale concentrarsi; lo sfogliare diviene quindi mero atto meccanico volto all’assimilazione, alla scoperta, al piacere e, nei casi più fortunati, alla meraviglia appunto. La leggerezza perduta, dunque, di Cristina Bellemo e Alicia Baladan, coinvolge e ha una qualità rara: coniuga il senso pratico della realtà con la resa immaginifica dell’irrealtà in maniera esemplare e con una naturalezza che induce alla lettura rapita, quella che i bambini ricercano (e gli adulti spesso agognano: un testo che incolli alle pagine nutrendo chi legge), chiedono a viva voce, in qualsiasi ora del giorno e, ahimè!, della notte.

La leggerezza perduta, di Cristina Bellemo e Alicia Baladan - 2013, Topipittori
La leggerezza perduta, di Cristina Bellemo e Alicia Baladan – 2013, Topipittori

Le pagine si svolgono in tavole che sono affreschi, o meglio ancora, arazzi; arazzi medievali portatori di richiami alla modernità talmente tanto bene integrati tra un punto e un altro della trama, da dar luogo a un “surrealpopmedievalismo” delizioso, intrigante ed elegante. Ritrovo Magritte e il suo Castello nei Pirenei; ripenso agli altri mondi di Escher, che ritorna anche nei mosaici che compongono scale e pavimenti; ritrovo la Tentazione di Sant’Antonio senza l’inquietudine e priva dell’angoscia che contraddistinguono Dalì. Il testo si dipana con leggerezza, senza voler istruire o suggerire significati altri, racconta una storia che è perfetta dalla prima fino all’ultima riga. Esempio illuminante di come possano essere vivi e produttivi il talento e la passione quando si incrociano a doppio filo con la competenza.

La leggerezza perduta, di Cristina Bellemo e Alicia Baladan - 2013, Topipittori
La leggerezza perduta, di Cristina Bellemo e Alicia Baladan – 2013, Topipittori

C’era una volta un castello in piena regola: con il suo borgo, col suo re e i suoi abitanti, compresi cavalieri con tanto d’armatura. L’unica eccezione è che il castello s’adagia non sulla terra ma su una nuvola, e questo da quando si ha memoria. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, però, gli abitanti hanno accumulato in uno spazio che è giocoforza limitato, gli oggetti più disparati, specchio di sentimenti e attitudini altrettanto variegate. Tanto è stracolmo da incominciare a scricchiolare sotto il peso delle cose, rischia di sprofondare. L’unica soluzione è di liberarsi del superfluo (con un’attenzione al lessico che rimane tra le righe arricchendolo), e così ordina di fare a tutto il suo popolo il re Celeste, che per fortuna, accumulando di tutto non ha ancora soffocato del tutto la reale saggezza.

La leggerezza perduta, di Cristina Bellemo e Alicia Baladan - 2013, Topipittori
La leggerezza perduta, di Cristina Bellemo e Alicia Baladan – 2013, Topipittori

Tutti si liberano di qualcosa e nel farlo ne acquisiscono altre, senza peso ma considerevolmente più consistenti. C’è chi rinuncia alle passeggiate a motore o al frullatore per montarsi la testa, così come chi tenta di liberarsi di ansie e paure lanciandole oltre i merli del castello. I risultati sono immediati e salvifici.

È un castello la cui leggerezza rimanda a Calvino: i suoi cavalieri hanno radici rampanti, talvolta dimezzate, altre ancora invisibili. Il tono è quello tanto ambito e diretto a là Rodari. È un castello nel cielo che associo anche ad Hayao Miyazaki, alla sua levità. Non mi serve altro per dire che questo è un albo che rientra a pieno titolo tra quelli che non possono mancare nella libreria dei vostri bambini.

Leggerezza-copTitolo: La leggerezza perduta
Autore: Cristina Bellemo, Alicia Baladan
Editore: Topipittori
Dati: 2013, 32 pp., 20,00 €

Smarrito, ma non troppo

Il gufetto piumato è come se indossasse un bel maglione scuro con le greche azzurre, ha un beccuccio arancione e due occhi spalancati espressivi e teneri. Le alette le tiene rilassate lungo il corpo, mi fa pensare a quei bimbi buffi e pasticcioni che ciondolano in casa la domenica mattina con le mani nelle maniche di caldi maglioni di lana, appunto.

Oh-Oh! - Chris Haughton. Lapis
Oh-Oh! – Chris Haughton. Lapis

Il gufetto se ne sta in cima a un albero stilizzato, un po’ albero un po’ trespolo, assieme alla sua mamma. Dormono tranquilli; fin troppo tranquilli, visto che… Oh – Oh! Succede che a sollevare la mezza pagina di destra ci si accorge che il gufetto, tump… tump… tump… è caduto dall’albero. Da un ramo assiste alla scena uno scoiattolo che dal modo in cui si tende verso il piccolo già lo sappiamo: è uno di quegli esseri generosi e prodighi, certamente lo aiuterà. Dal folto del bosco, un po’ come noi, spettatori in trasparenza un orso, una ranocchia e una lepre si meravigliano e preoccupano: cosa ne sarà ora del piccolo pulcino?

Oh-Oh! - Chris Haughton. Lapis
Oh-Oh! – Chris Haughton. Lapis

Dal momento del suo atterraggio più o meno morbido, gli eventi precipitano anch’essi: il gufetto è spaventato, ha smarrito la sua mamma, deve ritrovarla! Lo scoiattolo l’aiuta precipitevolissimevolmente: non preoccuparti! se la tua mamma e grande così so io dov’è! E giù per la collina fino all’orsa che ohibò! No, non è mamma gufa. Beh, se non lo è… allora in base all’elemento descrittivo successivo sarà un’altra… certo! Orecchie a punta e su di corsa per la collina! In un susseguirsi di scene esilaranti e tenere. La struttura narrativa non è tra le più originali e in fondo il meccanismo di smarrimento e ricerca della propria mamma (o del proprio papà, o della propria casa…) è uno dei più consueti anche e soprattutto nella fiaba classica, con risvolti divertenti o drammatici. Però il gufetto è convincente nel suo ruolo di protagonista nonostante tutto e così lo sono i comprimari, che divertirebbero anche solo con gli sguardi, specie i lettori più piccoli che, rasserenati dall’avere il proprio genitore a fianco, si divertono godendosi l’avventura, e molto.

Oh-Oh! - Chris Haughton. Lapis
Oh-Oh! – Chris Haughton. Lapis

I colori densi e uniformi giocano con gli spazi e le sovrapposizioni regalano trasparenze dall’effetto molto scenico. I luoghi deputati al blu s’invertono con quelli di consueto marroni e la terra diventa cielo in un gioco d’alternanza che si ristabilisce solo al tramonto. Al tramonto, di nuovo assieme alla sua mamma e con i suoi nuovi amici, il gufetto dovrebbe essere quantomai arzillo, invece mentre gli altri  sgranocchiano biscotti lui s’addormenta e… Oh-oh! Non si ricomincerà?!

copertinaTitolo: Oh-Oh!
Autore: Chris Haughton
Editore: Lapis
Dati: 2012, 36 pp., 13,50 €

Avvicinatevi signore e signori, venite tutti! Guardate tutti, guardate tutti, Guardate!

C’era una volta un grande tendone rosso, e un lungo, lunghissimo cappello rosso che stava sulla testa di un omino dal costume giallo e questo omino, senza prendere fiato nemmeno una volta, stava proprio dinanzi a quel grande tendone rosso che, sì, era il tendone di un circo, e l’omino – non conosciamo il suo nome – , dunque, che di quel circo e di quel tendone era il proprietario, tanto che tutti lo chiamavano “L’uomo del circo”, tutto d’un fiato chiama a viva voce gli spettatori e, con convincente insistenza, promette cose straordinarie, rivelazioni incredibili, visioni improbabili per mezzo di una mini, minuscola scatolina gialla.

 Apri la scatola! di Dorothy Kunhardt - Orecchio acerbo
Apri la scatola! di Dorothy Kunhardt – Orecchio acerbo

Pipìui! No, non è il nome dell’uomo del circo, e nemmeno un suono di curiosità e impazienza per significare: su! Apri la scatola! Pipìui è il nome del cane. Ma non un cane qualunque e nemmeno un cane capace di fare cose straordinarie (posto che farsi amare da tutti non lo sia), un cane piccolo, talmente minuscolo da essere contenuto in una scatolina piccola, talmente piccola da stare comoda sul palmo di una mano.

 Apri la scatola! di Dorothy Kunhardt - Orecchio acerbo
Apri la scatola! di Dorothy Kunhardt – Orecchio acerbo

Pipìui non sa fare capriole, non sa stringere la mano, non sa fare nulla ma nell’istante in cui salta fuori dalla sua custodia gialla tutti se ne innamorano; e non a caso lo ama la donna che sta in equilibrio con la testa sulla punta di un ombrello e intanto con un piede regge una tazza di latte e con l’altro un paio di forbici, lo ama l’enorme gigante, lo ama il bambino forzuto… insomma, tutti amano Pipìui e tutto va meravigliosamente sotto il grande tendone rosso dell’uomo del circo, fino a quando non accade qualcosa di imprevisto: Pipìui incomincia a crescere e crescere e a crescere ancora di più, fino a divenire straordinariamente normale.

 Apri la scatola! di Dorothy Kunhardt - Orecchio acerbo
Apri la scatola! di Dorothy Kunhardt – Orecchio acerbo

La storia di Pipìui non finisce qui e per tutte le pagine a seguire è assolutamente e altrettanto esilarante e toccante giacché crescere è difficile, ancora più complicato lo è quando l’essere piccolo è tutto quel che ci contraddistingue. Però crescere può rivelarsi interessante, specie se sei un cane che una volta era minuscolo, se sei un cane rosso che una volta era minuscolo e se sei il protagonista di una storia, anch’essa tutta morbide linee nere che acchiappano e contengono tutto il giallo e il rosso che c’è, surreale, spiritosa e buffa.

 Apri la scatola! di Dorothy Kunhardt - Orecchio acerbo
Apri la scatola! di Dorothy Kunhardt – Orecchio acerbo

Apri la scatola! È illustrato e scritto da Dorothy Kunhardt e tradotto da Elena Fantasia; non segue nessun tracciato prestabilito, è precipitoso, è disarmante, ha un suo ritmo interno perfetto che scombina il concetto stesso di ritmo (testi fitti s’alternano e inseguono testi brevi, che lasciano il posto a testi brevissimi per tornare a crescere e crescere e crescere). È uno degli albi più divertenti in cui io mi sia imbattuta quest’anno.

apri la scatola copTitolo: Apri la scatola!
Autore: Dorothy Kunhardt
Editore: Orecchio acerbo
Dati: 2012, 64 pp., 15,00 €

Trovate questi libri tra gli scaffali del Giardino Incartato, libreria per ragazzi in via del Pigneto 303/c, Roma. Oppure, se non siete a Roma chiederci di spedire a casa vostra, lo faremo con molto piacere ricorrendo a Libri da asporto.

Lo specchio dei desideri di Jonathan Coe

Ogni libro di Jonathan Coe è portatore di una certa sperimentazione. Questa volta la sperimentazione si spinge oltre la satira, oltre lo stile e si spinge oltre il genere: Lo specchio dei desideri, da poco edito da Feltrinelli, è infatti un libro per ragazzi.

Lo specchio dei desideri - Chiara Coccorese
Lo specchio dei desideri – Chiara Coccorese

A causa di un litigio fra i genitori la piccola Claire esce di casa per raggiungere un giardino segreto un po’ sopra le righe: la discarica. Passeggiando tra i rifiuti trova un pezzo di specchio dalla vaga forma di stella e ne è fortemente attratta: è un pezzo di vetro tagliente e sporco ma ha in sé una qualità magica: ha il potere di riflettere e rimandare una visione più rosea rispetto alla realtà. E Claire ne è stregata. Cerca nello specchio una tavola armoniosa, un cielo che non sia grigio, un viso senza acne. Mano a mano che Claire cresce lo specchio diviene una sorta di chiave/compagna interpretativa della realtà. Ne rimanda una consolatoria, illusoria. Lascia il fiabesco e il magico per insinuarsi nel campo della menzogna e questo a Claire non piace. Decide di buttar via lo specchio ma scopre che un suo vecchio compagno delle medie ne possiede un pezzo simile; e come lui altri.Ogni pezzo di specchio fa parte, con le proprie, personali visioni, di un puzzle più ampio che coinvolge le speranze e i sogni di molte persone.

Il romanzo di Coe è effettivamente ben costruito ma qualcosa non mi convince. A fine lettura permane la sensazione di una storia in sospeso in cui i protagonisti subiscono gli eventi, quelli reali così come quelli immaginari, con passività. Crescono ma non si evolvono, restano per sempre dei comprimari e fanno le spese dello specchio, potente come solo una fucina di sogni può esserlo. Nell’immaginario simbolico lo specchio, peraltro, ha sempre avuto valenze contraddittorie: oggetto fonte dell’inganno per Platone è anche fonte non solo di visione e rimando di un’immagine illusoria superando successivamente il limite del visivo per sconfinare in una conoscenza più  meditativa e meno narcisistica. “Un romanzo di trasformazione” dice la quarta di copertina, questa definizione mi piace; meno mi piace il suggerimento che sia una parabola politica per ragazzi e una fiaba contemporanea per adulti. Una parabola politica non può esserlo se non nel finale ma in maniera un po’ forzata insistendo sul concetto classico dell’unione che fa la forza. Per quanto riguarda l’universalità della lettura credo invece che in questo caso la frase logora “un romanzo per ragazzi che non dispiacerà agli adulti” non funziona per nulla. Credo sia un romanzo per ragazzi (che gli adulti potranno godibilmente leggere), impostato sui ragazzi, raccontato ai ragazzi da altri ragazzi. E lo specchio frastagliato e lucente in fondo alla storia lo conferma. Mi sono specchiata in esso e l’immagine che vi ho vista riflessa era esattamente quella che mi aspettavo: la mia.

Lo specchio dei desideri - Chiara Coccorese
Lo specchio dei desideri – Chiara Coccorese

Una trattazione a parte meritano le illustrazioni di Chiara Coccorese. Chiara Coccorese è una fotografa, ritrae dunque la realtà interpretandola ma sostanzialmente restandogli fedele. Dunque, quand’è che i suoi scatti divengono illustrazione? Io credo che il prodigio avvenga nell’istante stesso dello scatto, momento in cui l’immagine è già stata composta, il pensiero si fa concretezza e i dettagli divengono parte integrante della totalità, sostanza sine qua non. La fotografia si completa con l’allestimento scenografico e si nutre, acquisendo uno status sospeso tra visione e realtà, della postproduzione digitale. Chiara Coccorese fa un po’ quello che fa Claire: usa uno strumento per tingere la realtà e renderla altro purché resti al contempo se stessa; deformata, surreale o iperrealistica.

Titolo: Lo specchio dei desideri
Autore: Jonathan Coe
Editore: Feltrinelli
Dati: 2012, 96 pp., 12,00 €

Trovate questi libri tra gli scaffali del Giardino Incartato, libreria per ragazzi in via del Pigneto 303/c, Roma. Oppure, se non siete a Roma chiederci di spedire a casa vostra, lo faremo con molto piacere ricorrendo a Libri da asporto.

La pungente brezza della scoperta

Arturo - Marc Taeger

Il pulcino Arturo se ne sta abbastanza scomodo nel suo guscio: è diventato grande, non riesce quasi più a muoversi. Cerca allora di aprirsi un varco con il becco e ci riesce: nel momento in cui lo fa una ventata di aria fresca lo avvolge dal becco alle zampe e ogni cosa si rivela molto più grande rispetto a quello che era stato il suo mondo fino a quel momento.

D’improvviso la fatica e l’impossibilità di comunicare con le cose che gli stanno attorno lo smarrisce, la paura lo avvolge quando viene investito da un’ombra. Gli manca la sicurezza della sua stanza! Tutto attorno a lui si era fatto nero, ma il tepore e la morbidezza erano tali che non volle scappare più: “quella fu la prima volta che il pulcino Arturo dormì in un’imbottita di piume”.

Diversamente dal solito ho voluto raccontarvi la storia di Arturo dal suo principio alla fine così come l’ho sentita io leggendo e guardando le parole e le illustrazioni di Oli e Marc Taeger. L’ho fatto perché credo che sia il mezzo migliore, in questo caso, per dar spazio alle sensazioni che, tumultuose per il bambino che ascolta, s’affolleranno nel cuore dei piccoli pagina dopo pagina. Perché sono emozioni semplici, perché sono naturali, e perché certamente in una situazione o in un’altra i piccoli ascoltatori le hanno vissute nello stesso, intenso modo.

Arturo - Marc Taeger

La fragilità dei piccoli si trasforma in istinto di protezione nei genitori e ricerca di quest’ultima per loro. Quando il bisogno trova la propria risposta allora la felicità è completa: ci si sente soli e sperduti in un mondo tanto più grande, ebbene, come ci sarà sempre la voglia di esplorare, ci saranno sempre le piume dei genitori pronte ad accogliere e proteggere.

I testi sono immediati e dolci, le illustrazioni su fondo bianco sono di lettura immediata, molto semplici ed espressive. È un albo quadrato colorato e tenero, Arturo, ideale per le prime letture e per tutti i bambini da 0 a 3 anni.

Titolo: Arturo
Autore: Oli, Marc Taeger
Editore: Kalandraka
Dati: 2011, 26 pp., 10,00 €

Il fatto è che si è pronti quando si è pronti

Jek Tessaro, Il fatto è... - Lapis edizioni
Jek Tessaro, Il fatto è… – Lapis edizioni

Il fatto è che raramente ci si imbatte in libri per la prima infanzia (3 anni) che diano per scontate l’intelligenza e la sensibilità dei piccoli, piuttosto accade di frequente il contrario e allora il genitore consapevole, o in generale, l’adulto consapevole, si ritrova a fare le vocette e le smorfiette a causa dei vari e urticanti “…ini”, delle illustrazioni dai colori sgargianti quando non sciatte e dalle linee didascaliche e banali.

Il fatto è che questo quadrotto dalle pagine rigide e robuste è essenziale e ricco, e rientra proprio in quella fortunata categoria di libri che rispettano i piccoli e offrono loro stimoli che dall’illustrazione colorata e semplice si stendono a macchia d’olio e coinvolgono il testo diretto (niente smorfiette!) e in maiuscolo per giungere alle citazioni colte che non sfuggono al narratore adulto e che si arricchiscono di quanto invece i bimbi scorgono e partecipano.Il ritmo è quello tipico delle fiabe popolari, il collage è la tecnica con la quale lo colora Gek Tessaro, tra i più raffinati autori e illustratori europei.

Jek Tessaro, Il fatto è... - Lapis edizioni
Jek Tessaro, Il fatto è… – Lapis edizioni

Una paperetta se ne sta tranquilla sulla sponda di uno stagno ma l’anatra ritiene che sia il momento che si tuffi; quando nonostante l’anatra abbia ben spiegato tutti i vantaggi del nuoto, la paperetta rimane ben ferma sulle sue zampette palmate, prova a spingerla, senza risultato; chiama quindi il gatto, e poi il cane e quindi il tacchino. Senza risultato, la paperetta non si muove nemmeno di un millimetro, fino a quando non sarà il momento giusto. Che è quello per la paperetta e non per l’anatra, non per il gatto, non per il cane, non per il tacchino e nemmeno per il lupo! Ops! Ho detto “lupo”?! Eh, sì…, ci sono anche dei colpi di scena, e il fatto è che il risultato è dolce e divertente, specie se il vostro piccolo lettore/ascoltatore sfogliando intonerà: “e venne il gatto che spinse l’anatra, che spinse la paperetta…”.

51yr5hbzltl-_sy494_bo1204203200_Titolo: Il fatto è
Autore: Jek Tessaro
Editore: Lapis
Dati: 2010, 24 pp., 8,50 €

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L’estate è quasi finita e Garmann ha paura

Stian Hole L'estate di Garmann
L’estate di Garmann, Stian Hole- 2011 Donzelli

Mi è capitato che mi si chiedesse il perché del mio interesse (della mia passione direi meglio) per i libri per bambini. Molto spesso mi sono limitata a rispondere che nei libri per bambini ritrovo quello che c’è nei grandi classici della letteratura e offerto con raffinatezza. In realtà c’è anche più di questo; non per ultimo c’è la capacità rara di alcuni libri per bambini di porre con naturalezza quelle immense domande esistenziali così raramente espresse nel quotidiano e altrettanto artificiosamente poste nella letteratura destinata agli adulti.

Garmann è un bambino e Stian Hole riesce magistralmente nell’impresa di raccontarci le sue paure e le sue ansie non abbandonando mai l’ambito dell’introspezione, neppure quando al meditare teso del bambino, che ha paura del suo primo giorno di scuola e soprattutto di affrontare il suo primo giorno di scuola senza aver perso nemmeno un dente, si alternano le domande dirette alle tre anziane zie in visita a casa sua per l’estate o al padre violinista o alla madre capace di coltivare un giardino di impareggiabile bellezza. Poi naturalmente c’è la magia, c’è l’incanto, c’è quell’ardimentoso sfiorare il grottesco che è divertente, spassoso. C’è ancora altro. C’è la poesia di immagini così fantasiose e vere da essere ciascuna un sogno, un ricordo, una speranza, un’ansia. E ritrarre curiosità e paura non è mai facile, certamente mai universale, perché mai universalmente intese.

L'estate di Garmann, Stian Hole- Donzelli
L’estate di Garmann, Stian Hole- 2011, Donzelli

Rispondere con sincerità a una domanda di portata tale quale: “di cosa hai paura?” comporta diversi accidenti: il primo, quello più rischioso, è che la persona a noi di fronte ci ami e quindi risponda sinceramente; il secondo, meno ardito del primo ma comunque impegnativo, è che la risposta che si ottiene sia poco chiara e prolissa; il terzo, e questo è il caso delle ziette, che si ottengano delle risposte dolci come certe bacche di gelso ma vere e grevi: “Ho paura di morire”; “Ho paura di dover presto usare un deambulatore”; La paura del papà “ho paura di doverti lasciare”.

L’estate di Garmann, Stian Hole – 2011, Donzelli

La terza zietta non ricorda più le cose, ha perso la memoria per cui è al riparo delle paure e si culla nel desiderio della torta di mandorle. Garmann è un bambino e alla fine dell’estate dei suoi sei anni andrà per la prima volta a scuola e ha paura, sente il peso del confronto con gli altri bambini capaci di fare mille cose e già senza qualche dente ma si ripara nella naturalezza della speranza nel fronteggiarla.

Le illustrazioni, assolutamente originali, sono un bizzarro collage di incisioni, ritagli di vecchie carte da parati, foto, ritocchi digitali. Esse stesse specchio della vita, del suo evolversi, mutare e della natura poetica dell’animo umano.

Autore: Stian Hole
Editore: Donzelli
Dati: 2011, 44 pp., 19,90 €

Una costellazione nata da un sogno

Brillano al buio le stelle di “Un grande sogno”.
Basta spegnere le luci e il gioco è fatto: decine di stelle brillanti popoleranno la copertina e le pagine di questa storia.

Con “Un grande sogno”, Felipe Ugalde si è aggiudicato il “Premio internazionale Compostela per albi illustrati” e se ne comprende il motivo sin dalle prime battute. “Era un piccoletto con grandi sogni”; si tratta di un coccodrillo, quello appartenente alla tradizione della mitologia Maya, che simboleggia la naturale tendenza degli esseri umani a tentare di lasciare un segno su questa terra, divenire memorabili, addirittura trasformarsi in stelle.

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Un grande sogno Felipe Ugalde – Kalandraka

A volte si cerca di raggiungere questo scopo divorando tutto ciò che si incontra lungo il nostro cammino, proprio come fa il coccodrillo protagonista di questa storia, noncuranti delle conseguenze, della giustezza o meno delle nostre azioni.
Si prova, si va a tentoni; nel dubbio si ingurgita tutto quanto possibile, metaforicamente, senza sapere né verso cosa si va, né come riuscire a ottenerlo. Si cresce.

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Un grande sogno Felipe Ugalde – Kalandraka

Felipe Ugalde (Messico, 1962) con i suoi acrilici dai colori morbidi e soffusi affronta il difficile tema delle manie di grandezza con leggerezza. Un coccodrillo che non riesce a darsi dei limiti ma che, per assurdo, suscita tenerezza ed empatia. I suoi goffi tentativi di divorare il mondo sembrano destinati a fallire, e invece dopo numerose svolte e disavventure, il coccodrillo riesce nel suo intento fino a diventare esso stesso parte integrante dell’universo. Ma come ci riesce?
Le pagine tinteggiate di verde, per la terra, e di blu, per il cielo, si susseguono ritmicamente e, lievemente, quasi senza darlo a vedere, ci accompagnano attraverso tradizioni mitologiche antichissime, ci guidano con metafore elaborate e coerenti lungo una strada che, molti, specie i bambini, si ritrovano a percorrere.

“Era un piccoletto […] ansioso di crescere, di diventare grande, di essere un che… non passa inosservato”.

Albo ricchissimo di elementi simbolici contiene anche gli strumenti (delle stelle fosforescenti adesive) per giocare a creare luminose costellazioni sul soffitto di casa.

9191xhtoilTitolo: Un grande sogno
Autore: Felipe Ugalde
Editore: Kalandraka Italia
Dati: 2009, 40 pp., € 15,00

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