
È una notte senza luna e senza stelle quella in cui nasce Sally Jones. È cupo l’avvertimento: la neonata sarà colpita da molte disgrazie nel corso della vita. È indomito lo spirito selvaggio di questa gorilla in cattività. Uno spirito ingenuo e coraggioso che ama e si spende senza risparmiarsi, che corre rischi, che è colmo, e poi stracolmo, di sofferenza, delusione, tristezza e sempre capace di sollevarsi con uno strumento intelligente e forte: la speranza.
Il primo a tradire Sally Jones è il destino, che, invece di essere roseo per una gorilla deliziosa come Sally è, si prospetta tetro e senza scrupoli. Poi colei che l’accoglie dopo una traversata sotto falso nome e tempo di stenti. Quindi l’amore, che se affidato ad anime molli spesso è effimero. E di nuovo la sorte, e ancora.

Tutti questi straordinari accidenti rendono la vita di Sally Jones leggendaria, per cui mi correggo: il destino non è stato poi così crudele, probabilmente lungimirante, giacché ha permesso che un’eroina così forte e fragile avesse il proprio spazio, il proprio tempo.
Dunque Sally Jones è una gorilla, e come tutti i gorilla non avrebbe avuto nome se non fosse stata rapita da un bracconiere e poi venduta a un mercante turco senza alcuno scrupolo che la battezza alla schiavitù con questo nome per poterla far viaggiare su un cargo da passeggera, sotto mentite spoglie. Dopo essere stata “adottata” da una ricca signora con il vizio del fumo e del furto, Sally Jones diventa un’abilissima ladra, capace di raggiungere le casseforti più nascoste, di scassinare quelle blindate. Ma un malvivente, sebbene inconsapevole, deve far i conti con la giustizia prima o poi, e Sally Jones paga per tutti. Dai cornicioni di palazzi prestigiosi allo zoo la via è breve. Corde, catene, malattie, per anni. Poi l’amore, il tradimento e la fuga e il salvataggio e poi l’amicizia, di nuovo la solitudine, la malattia, la delusione. In mezzo i viaggi, tanti viaggi, i naufragi, e infine la rivalsa, quella vera, che libera e lo fa con consapevolezza, in barba al destino. Che è tale e mette un punto alla malasorte perché generosa e conscia.

Ma oltre la storia leggendaria, e l’eroina straordinaria (nel mio immaginario mancava una protagonista da affiancare a Severus Piton nel Pantheon degli eroi letterari) che sarebbero già di per sé bastanti, è il tono quello che caratterizza e connota: irriverente, spietato, tenero, ironico. Si comincia a leggere e ci si immagina seduti in poltrona a fumare la pipa, ascoltando una cronistoria via radio, balzando su al primo colpo di scena, ad ogni virata repentina. Il timbro permea ogni pagina di un velo di disincanto che proprio per essere tale incanta e avvolge.

I ritratti e le descrizioni dei più loschi figuri sono simili a quelle dei più devoti Santi, simili in maniera grottesca ai santini, s’intende iconograficamente. Incorniciati, in posa austera, con descrizione delle gesta e delle origini. Poi le mappe, per seguire Sally Brown nelle sue peripezie dall’Africa all’Asia, per le strade di Istanbul, quelle di New York, e nel Borneo. E i quadri, dall’andamento teatrale, per scene, ed epico. Puntini e linee a giocare con le ombre e la profondità, colori che rimandano a un passato di cammei invecchiati al collo di qualche nobildonna, di articoli di giornale conservati tra le pagine di un libro.
Mentre si congeda, Sally Jones, a poppa, saluta con la mano. Farei presto la sua conoscenza, ve lo consiglio vivamente.
Titolo: La leggenda di Sally Jones
Autore: Jacob Wegelius
Traduzione dallo svedese di Maria Valeria D’avino
Editore: Orecchio Acerbo
Dati: 2017, 108 pp., 16,50 €
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