Il ragazzo fantasma

Edito per la prima volta nel 2000 (e poi tradotto da Chiara Gandolfi e pubblicato in Italia da bohem press nel 2011 con le illustrazioni di Federico Appel), “Il ragazzo fantasma” è un romanzo complesso che comprende in sé la tensione sottile dell’horror, la delicatezza della meditazione sul senso di sé e della vita (e quindi della morte), la difficile acquisizione della consapevolezza della rilevanza delle proprie azioni.

David è un ragazzo di 12 anni, basso per esserlo e per questo bullizzato a scuola. I genitori di David sono separati e la madre vive proprio in un altro Paese, ma il padre, Harry, riservato e mite, è premuroso e accogliente. Nonostante ciò o a causa di tutto ciò David col padre parla poco, per niente. Preferisce covare in sé le proprie insicurezze e lasciarle fluire in idee e azioni del tutto controproducenti nell’ottica del trovare sfogo o serenità, ma piuttosto rilevanti, sebbene drastiche, in quanto ad autonomia e crescita.

Il ragazzo fantasma, di Melvinn Burgess, ill. di Federico Appel - 2011, Bohem Press
Il ragazzo fantasma, di Melvinn Burgess, ill. di Federico Appel – 2011, Bohem Press

David aveva paura, una paura folle! Ma su David la paura aveva l’unico effetto di dargli uno stimolo in più

Uno stimolo in più, una ragione assieme alle altre per cedere a quella voce irresistibile che spinge David a intrufolarsi nel condotto di aerazione. Spiare gli altri e perpetrare piccole vendette ai danni di persone innocenti sembra essere per David una buona risposta ai soprusi che subisce quotidianamente. Ma tutto si complica e assume contorni inquietanti quando trova un compagno di scorribande piuttosto arrabbiato ed evanescente: lo spettro di un ragazzo carico di rabbia e insoddisfazione.

Chi è questo fantasma, o meglio, chi era? Perché è così ostinatamente crudele col mite vecchietto ultranovantenne dell’appartamento del quinto piano?

David si lascia trascinare in un crescendo di violenza e vandalismo che molto incidono sulla salute, già molto precaria del signor Alveston, fino a ficcarlo in un guaio che non vale assolutamente l’amicizia, apparentemente incredibile, con un fantasma.

David e il ragazzo fantasma distruggono l’appartamento del vecchio; per il fantasma, ovviamente, nessuna conseguenza, per David un po’ per costrizione (il padre gli impone di fare amicizia con lui), un po’ per scontare la pena inflittagli dal giudice, comincia un periodo di crescita inatteso: si sorprende a stringere con il signor Alveston un’amicizia profonda e sincera che condurrà entrambi verso una maturazione; verso loro stessi, con consapevolezza.

Lo spazio dietro al muro, però, continua a chiamare. Chiama David, chiama il signor Alveston.

Non ci andrò, – promise  se stesso.Poi lo disse ad alta voce: – Non ci andrò! – Gli rispose solo il silenzio, ma un silenzio con dentro qualcuno.

Non posso andare oltre senza svelare il nodo e la chiave di questo che è un romanzo in cui la tensione e il mistero sono prevalenti, ma posso dirvi senza dubbio che Burgess è magistrale nel rendere entrambi profondi, costellando la narrazione di elementi introspettivi veramente eccellenti. Quello di Burgess è, come sempre, uno sguardo attento e premuroso sull’adolescenza, e le sue dolorose contingenze sociali e interiori. Qui l’adolescenza si mescola con la vecchiaia, tingendo il tutto di un’atmosfera incalzante, per lo scorrere del tempo presente, e soffusa, per il ricordo di quello passato. Un romanzo la cui lettura consiglio dai 9 anni in su.

Il ragazzo fantasma h230Titolo: Il ragazzo fantasma
Autore: Melvin Burgess (ill. in bianco e nero di Federico Appel), trad. Chiara Gandolfi
Editore: Bohem Press
Dati: 2011, 184 pp., 16,50

Lo trovi sugli scaffali del Giardino Incartato

Effetto starnuto

Jim Flora - Il giorno in cui la mucca starnutì - Orecchio acerbo

jim-flora-il-giorno-in-cui-la-mucca-starnutc3ac1Quando ti ritrovi tra le mani un libro che hai cercato e desiderato a lungo a soli 16,00 euro e tradotto nella tua lingua realizzi quanto possano essere competenti e raffinate le scelte di una casa editrice per ragazzi quando in mente si ha un’idea chiara di quello che è, e può essere, un albo illustrato. E questi editori hanno l’occhio lungo oltre che l’orecchio acerbo, giacché James Flora, di cui il capolavoro in oggetto Il giorno in cui la mucca starnutì risale al 1957, è uno dei più grandi artisti, oltreché illustratori, che il secolo scorso abbia conosciuto. Mi ripeto, che sia disponibile in libreria è un’emozione.

Per questo ho pensato di proporvi di seguito alcune delle sue copertine realizzate per dischi jazz, tributo a Jim Flora ma anche una ghiotta occasione per creare una connessione con un evento che senza guida (chissà quale battito di ali di farfalla l’ha creato!) si è imposto parallelamente alla mia lettura di questo libro nel mio personale immaginario: il Mardi Gras di New Orleans, sebbene ci vorrà febbraio perché arrivi.jim-flora-il-giorno-in-cui-la-mucca-starnut3

Il giorno in cui la mucca starnutì è un esempio di cosa possa succedere nel momento in cui si disattende a un proprio compito, o dovere (una morale, la si definirebbe, se non fosse proposta con così abbondanti sorrisi). Un pastorello di nome Fletcher dimentica la mucca Floss con i piedi ammollo nel ruscello per correre dietro a un coniglio col risultato che la povera mucca si prende un bel raffreddore. E non c’è nemmeno il tempo di dirle “salute!” dopo lo starnuto diretta conseguenza di quella infreddatura, giacché, allo stesso modo della famosa ed esplicativa locuzione secondo cui il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo, una catena di eventi prende il suo rocambolesco via! E il topo investito dallo starnuto viene scorto dal gatto che, mancandolo, artiglia la schiena di un capretto, che spaventato scappa in cortile investendo uomini e animali e atterrando sulla motocicletta del postino prende la via del villaggio… Ecco, teoria a parte, il caos che consegue allo starnuto di Moss è tanto e le conseguenze pure. Le seguiamo passo passo. Grazie alle illustrazioni.

Jim Flora - Il giorno in cui la mucca starnutì - Orecchio acerbo
Jim Flora – Il giorno in cui la mucca starnutì – Orecchio acerbo

Vibranti, come se conservassero traccia di trombe e fagotti che fanno jazz. Ardite come certi arpeggi al violino. Rutilanti come i tamburi e i piatti e dense, dense di movimento, danza, ritmo. Incalzanti direi per il ritmo. Immagini fatte di solo nero, verde, rosa e arancio bruno letteralmente si inseguono e risentono fino alla fine del movimento d’aria cui ha dato luogo lo starnuto di Moss.

Jim Flora - Il giorno in cui la mucca starnutì - Orecchio acerbo
Jim Flora – Il giorno in cui la mucca starnutì – Orecchio acerbo

Una lineare confusione che si muove da sinistra verso destra. Tutti quanti i coinvolti, sebbene loro malgrado, reagiscono con stupore a quanto li vede protagonisti. Ma anche astanti celebri, quali il sole, sono stupefatti a veder turbato l’ordine ciclico e le forme usuali cui sono abituati, giacché a dir poco surreal-pop sono la piovra coi tentacoli arricciati, il leone spiegazzato e l’elefante spianato.

Un gioiello vintage che consigliamo a tutti.

Jim Flora - Il giorno in cui la mucca starnutì - Orecchio acerbo
Jim Flora – Il giorno in cui la mucca starnutì – Orecchio acerbo


“I found it very difficult at first to write a book because I had been trained to see an idea, not write about it. Facing a blank sheet of paper and writing a story was something I found I could not do. So I devised a new way to write my story. During the day I would think about the book. I would see it in pictures in my head. At night, as I lay waiting for sleep, I would run the story through my head like an animated cartoon one sees in theaters and on television. When finally the complete story was arranged in my head I drew a seres of pictures of what I saw there. In films they call this ‘making a storyboard.’ With this storyboard at hand all I had to do was describe what was taking place in the drawings. That’s how I wrote my first book and all of the sixteen others that followed.” [James Flora, 1988].

muccaTitolo: Il giorno in cui la mucca starnutì
Autore: James Flora
Editore: Orecchio acerbo
Dati: 2011, 44 pp., 16,00 €

Trovate questi libri tra gli scaffali del Giardino Incartato, libreria per ragazzi in via del Pigneto 303/c, Roma. Oppure, se non siete a Roma potete trovarci scriverci (ilgiardinoincartato@gmail.com) e chiederci di spedire a casa vostra, lo faremo con molto piacere ricorrendo a Libri da asporto.

Pinocchio prima di Pinocchio. E dopo?

È una Genesi laica, di legno e colori immensi quella che ha illustrato Alessandro Sanna, quella di Pinocchio.

All’inizio fu un magma primordiale dal quale si staccò un pezzetto ribelle di luce, probabilmente stanco di brillare nell’universo sconfinato. Velocissimo, e come ben deciso a farlo, atterra in un’esplosione bianca. Queste esplosioni di norma generano distruzioni; di norma. Ma questo pezzetto ribelle di universo no, questo ha seguito la lezione di Munari e genera un albero: da un tronco due diramazioni e da ciascuna altre due, fino a diventare sufficientemente ampio da attirarsi le invidie del cielo che lo colpisce con un fulmine e ne stacca via un ramo.

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Pinocchio prima di Pinocchio, Alessandro Sanna – 2015, Orecchio acerbo

Quando lo vedo, lì dritto, impettito, stagliarsi nell’aurora, o nel tramonto, lo immagino pronto a mirabolanti avventure. E non mi sbaglio: parte a grandi balzi. Non conosce mezze misure. Sembra felice, ma non pare Pinocchio, non vedo il naso lungo che, così di profilo, certamente salterebbe agli occhi. D’altra parte, da come capitombola e si diverte, sembra proprio lui. Non so… io continuo a seguirlo, e con una certa trepidazione, perché il ragazzino di legno si sta fidando ciecamente di un gatto e di una volpe, silhouette nere nella neve bianca, e s’avvia a passo sicuro verso una folla di altri legnosi, verso un bosco, che dal tanto danzare s’infiammano.

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Pinocchio prima di Pinocchio, Alessandro Sanna – 2015, Orecchio acerbo

Scappa! Scappa! Verrebbe da dire, e lo dico, trepidante, specie quando appare un’enorme figura che ingoia tutto, mangia fuoco, fiamme, mangia gli alberi. Il ramo corre, si bagna, si fa ramoscello di pace nel becco di una colomba, incontra un grillo e un gufo e un serpente. Io sono andata oltre, fino alla fine, che è un chiaro inizio. Ma mentre non voglio svelarvi altro, qualcos’altro voglio chiedere all’autore.

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Pinocchio prima di Pinocchio, Alessandro Sanna – 2015, Orecchio acerbo

1. Alessandro, la scelta di raccontare senza parole è dovuta al voler universalizzare, lasciare fuori dallo spazio e dal tempo, il rapporto tra il mito e il lettore?
R: Le parole sono nell’immagine. Potrei anche dire che le parole lasciano il posto ai respiri interni ed esterni di ognuno di noi. Senza parole mi sembra d’esser più libero e la libertà di comunicazione è sempre una chimera che inseguo nei miei libri d’autore.

2. Io ho ritrovato tra le pagine alcune citazioni. La prima, sebbene adattata a tutt’altro contesto, è de “Il Signor Bastoncino” di Axel Scheffler, un’altra è de “Il Piccolo Principe”,  il serpente e l’elefante. Ce ne sono altre, o invece, anche queste due sono “solo” l’ottimo risultato del dialogo che le opere autoriali innescano tra loro?
R: Tutte queste sono assolutamente citazioni appropriate, ma ci sono anche rimandi alla storia dell’arte da Giacometti a Mark Rothko oppure ai mediavali Duccio e Cimabue. Forse anche il cinema d’animazione di silhouette di Lotte Reineger.
La verità è però che tutte le conoscenze implicite ed esplicite sono fuori dalla mia mano quando disegno. Il libro infatti è una metafora dell’essere artista, con il serpente che mangia tutti e poi sputa dal sedere e anche con il pescecane che mangia tutti e rimette al mondo dalla bocca tutti i personaggi. Tutti noi siamo digerenti medium che buttano fuori, da ogni orifizio possibile, il conosciuto e il vissuto.

3. La narrazione, come l’evoluzione, come la vita stessa, è ciclica: si parte da un punto per tornare a un altro molto simile ma del tutto diverso e quindi ripartire: dopo la storia Prima, c’è quella di Pinocchio. E dopo?
R: Dopo c’è un’altra vita. il libro si doveva chiamare “La vita prima della vita” e “La vita dopo la vita”. Pinocchio è venuto a smorzare i toni. Quello che voglio raccontare con questo libro è la fragilità del bambino e precisamente del bambino in condizioni di vita costretta. Mi riferisco alla vita in ospedale di bambini ammalati e purtroppo con poche speranze. Quei bambini li ho visti e incontrati e da lì è partito tutto.

4. Per concludere, ti voglio fare una domanda che qualcuno mi ha suggerito di porti, anche se non svelerò mai chi!, perché della tua risposta non si può far senza: Alessandro, ma come fai a fare disegni così belli?
R: Lavoro tantissimo. Così tanto che anche la mano penso abbia un suo cervello e spesso devo ascoltarla. Grazie!

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Titolo: Pinocchio prima di Pinocchio
Autore: Alessandro Sanna
Editore: Orecchio acerbo
Dati: 2015, 64 pp., 17,50 €

Trovate questi libri tra gli scaffali del Giardino Incartato, libreria per ragazzi in via del Pigneto 303/c, Roma. Oppure, se non siete a Roma potete trovarci su Bookdealer o chiederci di spedire a casa vostra, lo faremo con molto piacere ricorrendo a Libri da asporto.

Specchio delle mie brame. Biancaneve, dalla fiaba alle prime trasposizioni cinematografiche

Sul sito dell’ISMR (Istituto Svizzero Media e Ragazzi), si può scaricare la versione online dell’ultima edizione de Il Folletto dedicato a Pinin Carpi e a Gianni Rodari.
Grazie a Letizia Bolzani che ne cura l’edizione posso condividere con voi anche un mio pezzo d’approfondimento pubblicato sullo scorso numero dedicato invece al cinema.
Si intitola “Specchio delle mie brame. Biancaneve, dalla fiaba alle prime trasposizioni cinematografiche“.
W. C. Drupsteen, 1885
W. C. Drupsteen, 1885

Un ricordo di Natale di Truman Capote

È la narrazione che avviene al presente che per tutto il tempo della lettura mi ha indotta a pensare di poter uscire di casa e ritrovarmi per stretti sentieri in compagnia di Buddy e Sook alla ricerca di un bell’albero di Natale. Ed è sempre il presente che si rivela magico nel sussurrare che alcuni eventi, certe persone, non passano, non cambiano, non vanno mai via: restano, si rinnovano, si ripetono in un dondolio dolce d’altalena e idealmente abbracciano e proteggono.

Ricordo di Natale, Truman Capote, Beth Peck - Donzelli
Ricordo di Natale, Truman Capote, Beth Peck – Donzelli

Buddy, sette anni, è l’alter ego di Truman Capote, Sook è sua cugina, ha settanta anni. Sono amici per la pelle e, esattamente come gli amici per la pelle condividono momenti speciali, riti che, come i tratti semplici che compongono gli arabeschi estremamente raffinati, spiccano nell’immenso panorama dei ricordi e della memoria. Ricordo di Natale è uno dei tre racconti pubblicati nel 1958 nel volume dal titolo Colazione da Tiffany – un romanzo breve e tre storie – che consacrò Capote come indiscusso talento della letteratura contemporanea.

Questo pezzo di storia personale rivive dunque nella memoria di Buddy e i piccoli accadimenti dei giorni semplici di un bambino e della sua migliore amica si svolgono dapprima dolcemente “Immaginate una mattina di fine novembre. Una di quelle mattine che preannunciano l’inverno, più di venti anni or sono”; si sente l’odore delle foglie secche crepitanti nel camino, si sente il profumo del tempo, dell’aria secca e fredda dell’inverno e si concorda con Sook che appannando con il fiato i vetri della finestra esclama: “è proprio tempo da panfrutto!”. Poi man mano, mentre i due si procurano gli ingredienti per preparare i dolci da spedire agli amici più cari (Presidente Roosevelt compreso) i ricordi si inseguono e il ritmo diviene più serrato, le frasi più brevi, quasi come se si volesse rifuggire il finale già noto al protagonista. Come se riservare ai ricordi dolorosi meno parole, meno spazio, curasse la memoria e ne addolcisse il sapore. “Questo è l’ultimo Natale che trascorriamo insieme. La vita ci separa”. Trovo queste due frasi, nella loro semplicità, intense e struggenti. La vita li separa, così come la morte che ha allontanato dal terzetto il cagnolino Queenie, vivace terrier mirabilmente ritratto nella sua vitalità da Beth Peck, sopravvissuto a due morsi di serpente a sonagli e al cimurro, che sempre li accompagnava nelle loro scorribande con la vecchia carrozzina adattata a carriola.

Ricordo di Natale, Truman Capote, Beth Peck - Donzelli
Ricordo di Natale, Truman Capote, Beth Peck – Donzelli

Le tradizioni che divengono riti sono buffe, talmente semplici da intenerire: la caparbia convinzione di Sook di non doversi alzare dal letto il tredici di ogni mese, il confezionare da sé i regali (aquiloni colorati di anno in anno sempre più belli), il preparare i dolci. Azioni cicliche, rassicuranti che contribuiscono a creare l’atmosfera, anch’essa tradizionale, del Natale. Le gote di Buddy sono sempre rosse, le gote di Sook pure: del tipico rossore dell’infanzia per un bimbo e per una donna anziana rimasta bambina. Alle loro gote rosse s’accosta lo scodinzolio del cagnolino col muso teso all’insù; tutti e tre entusiasti di un invidiabile entusiasmo.

Gli acquerelli di Beth Peck curano ogni dettaglio: dall’ombra del calzino mal arrotolato all’intreccio dell’impagliatura della carrozzina,alle rose di velluto sbiadito sul cappello di Sook.

Questa è una storia di memoria destinata a entrare nella personale tradizione dei bambini cui si avrà il gusto e la dolcezza di raccontarla.

41va1sqlo7l-_bo1204203200_Titolo: Ricordo di Natale
Autore: Truman Capote illustrazioni di Beth Peck
Traduttore: M. Bartocci
Editore: Donzelli
Dati: 2011, 62 pp., 14,00 €

Questo è un libro che è difficile da reperire. Si trova certamente però in biblioteca, vale la pena andare a cercarlo.

Adattamento televisivo con Geraldine Page (1967)

Babbo Natale, di Raymond Briggs

Lo so, da qualche parte in questo blog ho affermato che bisogna rifuggire i libri che brillano, quelli coi lustrini. L’ho detto, sì, però… Però questo albo a fumetti del 1973, ristampato da Rizzoli nel 2013, brilla di luce propria, e i lustrini sono solo una bella cornice.

Brilla di ironia, di tenerezza, di anticonformismo, di sincerità.

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Babbo Natale, Raymond Briggs – Rizzoli 2013

L’ironia è magistrale: in questo Babbo Natale dal naso paonazzo per il freddo, che preferirebbe di gran lunga starsene a dormire piuttosto che andarsene in giro a consegnare regali nel freddo e nel gelo della notte invernale. Mentre, striscia dopo striscia, si prende cura dei suoi polli e delle sue renne, è tutto un borbottare, un rabbrividire, un grrrrrrare.

La tenerezza è nei gesti  goffi, nella corpulenza impacciata, nelle carezze sul capo del cane e del gatto, nel partire, nonostante sogni l’estate tra i brividi, e nel mettersi al lavoro.

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Babbo Natale, Raymond Briggs – Rizzoli 2013

L’anticonformismo e la sincerità vanno di pari passo. Questo Babbo Natale dalla divisa rossa come tutti gli altri, dalla barba folta e bianca, dal berretto rosso, esattamente come tutti gli altri, è piuttosto umano. Si lamenta se non riesce a passare dal camino, se deve consegnare i regali in mezzo al mare, ai bimbi del faro, e ha da ridire su tutto. Però gioisce genuinamente se qualche bimbo attento gli ha lasciato un bel bicchiere di vino, e lo tracanna.

Ho dimenticato di dire che questo albo di Raymond Briggs è brillante di poesia. Consiglio allora questo libro a tutte le bambine e i bambini, e anche ai loro grandi, desiderosi di un Natale che brilli di poesia.

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Babbo Natale, Raymond Briggs – Rizzoli 2013

(Vi segnalo che Raymond Briggs è anche l’autore del celebre “The Snowman”, il cui corto animato potete vedere qui)

babbo natale cop.pngTitolo: Babbo Natale
Autore: Raymond Briggs
Editore: Rizzoli
Dati: 2013, 32 pp., 15,00 €

Passi da gigante

Passi da gigante, di Anais Lambert - 2019 Pulce edizioni

Se un gigante vuole andare alla scoperta di qualcosa di molto piccolo è bene che si munisca di lente di ingrandimento. Se poi vuol farlo in mezzo alla natura, anche le scarpe devono essere adatte e un bel paio di galosce verdi possono essere rivelarsi la scelta ideale.

Passi da gigante, di Anais Lambert - 2019 Pulce edizioni
Passi da gigante, di Anais Lambert – 2019 Pulce edizioni

Le sguardie sono piene di delicate minuzie: piume, foglioline, rametti, sassi, insetti, fiori. Il frontespizio è pieno invece di due piedi da gigante che ingombrano una pagina intera e la tingono di un bel verde brillante che invita a sfogliare. Ed ecco su fondo bianco un bambino visto di spalle, che su quello sfondo pare incollato. Ritagliato e poi incollato. Nei contorni sopravvivono sottili margini di ritaglio quando la resa e dettagliata, non accade con il maglione e il cappello, che sono invece macchie libere di colore.

Passi da gigante, di Anais Lambert - 2019 Pulce edizioni
Passi da gigante, di Anais Lambert – 2019 Pulce edizioni

Piccole frasi, chiuse da un punto o una virgola, accompagnano ciascuna doppia pagina, senza fare rumore, sussurrando. Il gigante si prepara e va, esce.

IN LONTANANZA; HO SORPRESO UNA LOTTA FEROCE

La lente ingrandisce un dettaglio del prato che s’avvicina al lettore come all’occhio del bambino protagonista, staccandosi dal contesto erboso. Poi, tra un fogliame a tratti trasparente, evanescente, i colori della natura si dividono gli spazi del foglio, sopra verde, sotto marrone.

Passi da gigante, di Anais Lambert - 2019 Pulce edizioni
Passi da gigante, di Anais Lambert – 2019 Pulce edizioni

Da perfetto essere ingombrante col proprio intervento devia il percorso studiato e faticoso di una carovana di formiche, attraversa con passo deciso, da gigante, fiumi, foreste, fino ad uscire dal contesto familiare della natura e spingersi in quello del sogno, laddove al verde, al marrone di tronchi che ad ogni passo divengono sempre meno tronchi e sempre più animali esotici, si sostituisce il bianco. Il gigante si rilassa, quasi s’assopisce, dimenticando che esistono giganti anche più grandi di lui…

è questione di prospettiva.

41t2nbZTqvL._SX337_BO1,204,203,200_Titolo: Passi da gigante
Autore: Anais Lambert
Editore: Pulce
Dati: 2019, 48 pp., 14,50 €

…È tutto quello che vuoi tu!

Una scatola è una scatola è una scatola è una scatola… così diceva Gertrude Stein, mi pare. Ah no! Il discorso semantico era riferito alle rose (o alle promesse?)! E infatti questa Non è una scatola; sebbene sia di cartone, quadrata, sia ben evidenziato il suo peso (250 gr) e un bel timbro rosso sul retro specifichi che non si debba capovolgerla.

Non è una scatola - Antoinette Portis

Pagina dopo pagina si apre la scatola, si va oltre l’imballaggio e una scritta rossa grande e grossa lo ribadisce: Non è una scatola.

Una voce simile alla nostra chiede a un coniglietto seduto in una scatola: “Perché ti sei seduto in una scatola?” Il coniglietto drizza le orecchie che appena voltata la pagina si piegano perché investite dal vento: “Non è una scatola”! È una macchina da corsa rossa fiammante e poi scusami, non ti sento, ho il vento tra i capelli, nelle orecchie, sembra dire il coniglietto che prosegue la sua corsa.

Non è una scatola - Antoinette Portis
Non è una scatola – Antoinette Portis

Si continua così, con la voce, sempre più simile alla nostra, che chiede “Che cosa fai su quella scatola?” E perché te la sei messa addosso, e perché ci giri intorno… Non è una scatola, è il Monte Coniglio e io sono un robot, e un addestratore d’elefanti indiani. Una variazione sul tema che non stanca mai, piuttosto incuriosisce. Se non è una scatola allora cos’è? Facciamo finta che… è questo il gioco, naturale e spontaneo, che coinvolgerà certamente anche il genitore narrante.

Grafica e layout sono essenziali e fungono da guida: il coniglietto e la scatola sono il frutto di linee nere, senza ombra, e mostrano ciò che il genitore vede. Il rosso (che già ci aveva sgridati all’inizio quando ostinati continuavamo a parlare di scatole) manifesta invece la fantasia, la libertà dirompente dell’immaginazione: è grazie alle sue linee che vediamo la mongolfiera, il razzo spaziale, la nave dei pirati.

Non è una scatola - Antoinette Portis
Non è una scatola – Antoinette Portis

Antoinette Portis è un’autrice che non dovrebbe assolutamente mancare nella libreria dei vostri bambini, sarebbe come se mancasse Munari, se non proponeste loro mai Sendak. E Kalandraka a un prezzo equo, considerato l’allestimento complesso e raffinato, ci offre l’occasione di far loro un bel regalo. Sono certa che offrendo ai bambini prodotti di qualità, leggendoli assieme a loro, dando loro la possibilità di entrare in contatto con albi studiati, creati con intelligenza e affetto, essi avranno l’occasione di maturare un gusto personale e proprio, assolutamente distante dalla banale omologazione dai colori pacchiani, dalle linee banali e dalle parole urlate e mielose che affollano una (ahimè!) grande parte della produzione letteraria destinata ai piccoli lettori. Perché albi come questo fanno in modo che la lettura (e l’albo permette la lettura anche ai bimbi che non sanno leggere) diventi esperienza, gioco, confronto con la realtà, viaggio con l’immaginazione.

Non è una scatola - Antoinette Portis
Non è una scatola – Antoinette Portis

Infine la scelta del coniglietto piuttosto che del bambino: perché un animaletto? Perché non il bambino? Si tocca un punto fondamentale della narrazione ai bimbi: perché è un bambino? Potrebbe chiedere la bambina lettrice? Perché ha i capelli ricci questa bambina? Potrebbe chiedere la bimba coi capelli lisci; perché questo bambino è bianco? Potrebbe chiedere il bimbo nero Non sono io… non mi ci rivedo, è un altro bambino. Il coniglietto è un coniglietto è un coniglietto, è un coniglietto. E a furia di esserlo diviene ciascun bambino, simbolo di ciascuna bambina. Permette un’immedesimazione completa e perfetta.

No, questo libro non è affatto, affatto una scatola.

Titolo: Non è una scatola
Autore: Antoinette Portis
Editore: Kalandraka
Dati: 2011, 40 pp., 14,00 €

Ristampa, 2019

La mia estate indaco

L’estate concede troppo tempo. Ai pensieri, alla noia, alla notte, al sonno. Ce ne sono alcune, poi, che si frastagliano e sfrangiano in decine di piccole estati, ciascuna con la sua gioia, il suo dolore, la mancanza, la nostalgia, la gioia mai così grande. L’estate concede momenti lunghissimi, dilatati, in cui indugiare. Capita a volte di fermarsi a cercare d’afferrare l’aria morbida e vaporosa, alcolica, che si muove, bollente, sull’asfalto. E, riuscendoci per metà, avere il tempo di riprovare a farlo, senza contare se sia utile o meno.

Per questa ragione, a metà, credo che per Viola sia un momento di passaggio, una soglia, attraversando la quale qualsiasi cosa cambia; per la possibilità, cioè, di indugiare sui dolori, gli affetti, le mancanze, senza riuscire ad afferrarne l’oggettiva portata, il vero senso, senza riuscire a ingoiarli, metabolizzarli, farne passato, vissuto. È il tempo, troppo, che concede l’estate. E poi sono i tredici anni. Che arrivano e danno i brividi e gli mettono fretta, anche a quello più lento.

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Entrambe le cose, il tempo lento, trattato con cura, e le emozioni piene dell’estate, si ritrovano nel tono di Marco Magnone, che consegna alla sua protagonista un timbro di concerto diretto e lieve.

Viola si è appena trasferita in una città nuova, di provincia, ha lasciato i suoi amici e per la prima volta non trascorre le sue vacanze in montagna, coi nonni, amatissimi, in roulotte. La nonna è morta e il nonno non sta per niente bene. Viola subisce gli eventi ma non li accetta e lo mostra apertamente. Meno apertamente ma molto intensamente, gestisce le proprie emozioni, incanalandole con molta energia verso l’amore, gli affetti pieni. Vive nel ricordare spesso a se stessa il giorno in cui ha toccato il fondo, così lo definisce, un momento di esposizione completa allo sguardo e al giudizio altrui che non solo l’ha segnata ma che continua a zavorrarla senza che sembri possibile tagliare la fune e riemergere, respirando a pieni polmoni.

Viola non entra più in acqua, fino a quando qualcuno dagli occhi magnetici e dall’attitudine misteriosa, non libera il suo entusiasmo, la sua scattante energia. Con lui, Viola affronta se stessa, gli altri, un viaggio. Si chiama Indaco e nasconde un segreto che non sembra affatto una bugia.

Ci sono anche le bugie, in questo romanzo realistico di adolescenza piena. E meno male, perché altrimenti non sarebbe stato affatto vero.

978880471545HIG-628x965Titolo: La mia estate indaco
Autore: Marco Magnone
Editore: Mondadori
Dati: 2019, 280 pp., 17,00 €