Un giorno nella vita di tutti i giorni

In città e Un giorno nella vita di tutti i giorni di Ali Mitgutsch a confronto (1995, 2016)
In città e Un giorno nella vita di tutti i giorni di Ali Mitgutsch a confronto (1995, 2016)

Qualche anno fa ho fatto una cernita tra i libri che ancora conservavo in Calabria, nella mia vecchia stanza a casa dei miei genitori. Tra i tanti classici illustrati per ragazzi (nella loro versione integrale) che rientrarono nella prima scelta, fece capolino un libro minuscolo, rettangolare e senza parole. Si trattava di In città di Ali Mitgutsch, edito da Ravensburg.

Lo lessi e rimirai, mi piacque enormemente. Poche pagine cartonate di immagini fitte fitte. Delizioso. Chiesi a mia madre e lei (maestra alla scuola materna), mi riportò anche una copia che aveva usato a scuola di Al mare, costituita da due sole pagine, anch’esse piuttosto sdrucite, e mezza copertina. Ottimo segno, i bambini degli anni Novanta avevano apprezzato come me.

Per questo non ho dubbi: Un giorno nella vita di tutti i giorni  è un libro che non può mancare nella libreria dei vostri bambini.

Sono scene di vita quotidiana, densissime di dettagli e, naturalmente, rispondenti ai giorni cittadini del 1968. L’edizione portata in italia da Gallucci (in Germania i titoli di Ali Mitgutsch sono stati riediti lo scorso anno) è di grande formato e il confronto con i miei piccoli è contrastante. Inizialmente mi sono trovata spiazzata da questa differenza così macroscopica; ritengo che la dimensione ridotta fosse un valore aggiunto all’idea del rendere le scene nelle minuzie. In realtà, questa è una considerazione legata a quell’affetto, un po’ innamoramento, di cui vi raccontavo poco sopra. Le grandi dimensioni rendono efficace la lettura alla ricerca dei dettagli.

In una piscina affollata da un centinaio di bambini, sotto lo sguardo vigile di qualche nonna piuttosto svampita e di una bagnina, mentre i pochi adulti prendono bellamente il sole o pensano agli affari propri, molti bimbi scivolano, altri nuotano altri scherzano abbassando le mutande ai propri amici, scoprendo sederini in netto contrasto con la pelle rossastra, chiaro segno di errato utilizzo della crema solare. Mentre un bimbetto sorridente annaffia con la sua pipì un cespuglio, dall’alto del trampolino una bimba lo annaffia a sua volta sputacchiandogli in testa.

Un giorno nella vita di tutti i giorni, di Ali Mitgutsch- 2016, Gallucci
Un giorno nella vita di tutti i giorni, di Ali Mitgutsch- 2016, Gallucci

Si possono leggere molte storie, tutte diverse e tutte contenute nello spazio di una doppia pagina. Certamente tutte divertenti.

C’è poi una festa di paese, un cantiere, un mercato e una scena che racconta un pomeriggio al parco. Qui mi sono divertita a confrontare la nuova edizione con quella vintage. Il Circo è diventato un più politically correct Circo delle pulci e il costo del biglietto è drasticamente diminuito di conseguenza, passando dalle 5 mila lire a 50 centesimi di euro. La bella edicola, aperta ancora alle 16 del pomeriggio, è diventata giornali e infine, sul pontile di un laghetto troneggia un barche a noleggio che esplicita il processo di semplificazione della lingua diventando noleggio barche.

In città, di Ali Mitgutsch- 1995, Ravensburg
In città, di Ali Mitgutsch- 1995, Ravensburg

La tavola conclusiva è un paesaggio montano, innevata e degna conclusione di questo delizioso Wimmelbuch (libro che brulica), ispirato ai miei amati pittori fiamminghi del Cinquecento, che consiglio a partire dai 2 anni.

9788893480888_0_536_0_75Titolo: Un giorno nella vita di tutti i giorni
Autore: Ali Mitgutsch
Editore: Gallucci
Dati: 2016, 25 pp., 14,90 €

Trovi questi libri tra gli scaffali della Libreria Il giardino Incartato, via del Pigneto 303/ c, a Roma

Pinocchio prima di Pinocchio. E dopo?

È una Genesi laica, di legno e colori immensi quella che ha illustrato Alessandro Sanna, quella di Pinocchio.

All’inizio fu un magma primordiale dal quale si staccò un pezzetto ribelle di luce, probabilmente stanco di brillare nell’universo sconfinato. Velocissimo, e come ben deciso a farlo, atterra in un’esplosione bianca. Queste esplosioni di norma generano distruzioni; di norma. Ma questo pezzetto ribelle di universo no, questo ha seguito la lezione di Munari e genera un albero: da un tronco due diramazioni e da ciascuna altre due, fino a diventare sufficientemente ampio da attirarsi le invidie del cielo che lo colpisce con un fulmine e ne stacca via un ramo.

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Pinocchio prima di Pinocchio, Alessandro Sanna – 2015, Orecchio acerbo

Quando lo vedo, lì dritto, impettito, stagliarsi nell’aurora, o nel tramonto, lo immagino pronto a mirabolanti avventure. E non mi sbaglio: parte a grandi balzi. Non conosce mezze misure. Sembra felice, ma non pare Pinocchio, non vedo il naso lungo che, così di profilo, certamente salterebbe agli occhi. D’altra parte, da come capitombola e si diverte, sembra proprio lui. Non so… io continuo a seguirlo, e con una certa trepidazione, perché il ragazzino di legno si sta fidando ciecamente di un gatto e di una volpe, silhouette nere nella neve bianca, e s’avvia a passo sicuro verso una folla di altri legnosi, verso un bosco, che dal tanto danzare s’infiammano.

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Pinocchio prima di Pinocchio, Alessandro Sanna – 2015, Orecchio acerbo

Scappa! Scappa! Verrebbe da dire, e lo dico, trepidante, specie quando appare un’enorme figura che ingoia tutto, mangia fuoco, fiamme, mangia gli alberi. Il ramo corre, si bagna, si fa ramoscello di pace nel becco di una colomba, incontra un grillo e un gufo e un serpente. Io sono andata oltre, fino alla fine, che è un chiaro inizio. Ma mentre non voglio svelarvi altro, qualcos’altro voglio chiedere all’autore.

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Pinocchio prima di Pinocchio, Alessandro Sanna – 2015, Orecchio acerbo

1. Alessandro, la scelta di raccontare senza parole è dovuta al voler universalizzare, lasciare fuori dallo spazio e dal tempo, il rapporto tra il mito e il lettore?
R: Le parole sono nell’immagine. Potrei anche dire che le parole lasciano il posto ai respiri interni ed esterni di ognuno di noi. Senza parole mi sembra d’esser più libero e la libertà di comunicazione è sempre una chimera che inseguo nei miei libri d’autore.

2. Io ho ritrovato tra le pagine alcune citazioni. La prima, sebbene adattata a tutt’altro contesto, è de “Il Signor Bastoncino” di Axel Scheffler, un’altra è de “Il Piccolo Principe”,  il serpente e l’elefante. Ce ne sono altre, o invece, anche queste due sono “solo” l’ottimo risultato del dialogo che le opere autoriali innescano tra loro?
R: Tutte queste sono assolutamente citazioni appropriate, ma ci sono anche rimandi alla storia dell’arte da Giacometti a Mark Rothko oppure ai mediavali Duccio e Cimabue. Forse anche il cinema d’animazione di silhouette di Lotte Reineger.
La verità è però che tutte le conoscenze implicite ed esplicite sono fuori dalla mia mano quando disegno. Il libro infatti è una metafora dell’essere artista, con il serpente che mangia tutti e poi sputa dal sedere e anche con il pescecane che mangia tutti e rimette al mondo dalla bocca tutti i personaggi. Tutti noi siamo digerenti medium che buttano fuori, da ogni orifizio possibile, il conosciuto e il vissuto.

3. La narrazione, come l’evoluzione, come la vita stessa, è ciclica: si parte da un punto per tornare a un altro molto simile ma del tutto diverso e quindi ripartire: dopo la storia Prima, c’è quella di Pinocchio. E dopo?
R: Dopo c’è un’altra vita. il libro si doveva chiamare “La vita prima della vita” e “La vita dopo la vita”. Pinocchio è venuto a smorzare i toni. Quello che voglio raccontare con questo libro è la fragilità del bambino e precisamente del bambino in condizioni di vita costretta. Mi riferisco alla vita in ospedale di bambini ammalati e purtroppo con poche speranze. Quei bambini li ho visti e incontrati e da lì è partito tutto.

4. Per concludere, ti voglio fare una domanda che qualcuno mi ha suggerito di porti, anche se non svelerò mai chi!, perché della tua risposta non si può far senza: Alessandro, ma come fai a fare disegni così belli?
R: Lavoro tantissimo. Così tanto che anche la mano penso abbia un suo cervello e spesso devo ascoltarla. Grazie!

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Titolo: Pinocchio prima di Pinocchio
Autore: Alessandro Sanna
Editore: Orecchio acerbo
Dati: 2015, 64 pp., 17,50 €

Trovate questi libri tra gli scaffali del Giardino Incartato, libreria per ragazzi in via del Pigneto 303/c, Roma. Oppure, se non siete a Roma potete trovarci su Bookdealer o chiederci di spedire a casa vostra, lo faremo con molto piacere ricorrendo a Libri da asporto.

Camping

Camping è un silent book che si colloca a metà strada tra il realismo più icastico e il surrealismo più onirico. Ci sono, in apertura, due campeggiatori che si scambiano picchetti storti,  come avviene sempre di dover fare anche ai campeggiatori più accorti, ne manca sempre uno; un sub che mentre indossa la muta salva la sua intimità grazie al provvidenziale tronco di un albero; papà che leggono mentre badano ai bimbi più piccoli, mamme che fissano e tendono i pali della tenda.

E un nano di terracotta dallo sguardo guardingo, che pare tutto supervisionare dall’alto di un tavolino con vaso da fiori (ci si accontenta in mancanza di un giardino). E sin qui siamo nella realtà.

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Eilika Mühlenberg, Camping – 2020 Pulce edizioni

Poi a tenderci la mano del surrealismo è il nano stesso, forse non di terracotta ma certamente amico del nonno con bambino al camping al lago in roulotte, perché nelle pagine successive li accompagna in spiaggia, munito di paletta, mentre poche stuoie di lato è stesa al sole un’anatra dal collare, attrezzata di ciabatte e sportina.

Mentre la realtà si mescola con il sogno, si alza il vento. Ce lo dicono i capelli del figlio dei fiori un po’ nerd e un po’ pirata, ce lo dicono i giunchi che si piegano verso l’acqua, ce lo dice la manica a vento tesa verso est. Sotto alla superficie del lago ancora non se ne è accorto nessuno, sopra invece qualcuno sta già in allerta. Anche il protagonista di questa storia ariosa e vivace: il coccodrillo gonfiabile che sorride sornione con l’aria di chi sa già come andrà a finire.

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Eilika Mühlenberg, Camping – 2020 Pulce edizioni

Una folata e vola, vola talmente in alto che nessuno riesce a riacciuffarlo. E nel caos che si genera e morde la coda tra tutte le stravaganze che affollano le tavole a pagina piena e doppia a noi interessano le sorti degli occhiali da vista del signore che pescava sul molo, che interessano all’anatra ma luccicano e fanno gola alla gazza, ma possono essere utili al coccodrillo, per orientarsi meglio nel nuovo elemento in cui si muove. E al signore col cappello da pescatore tornano nei bagni in comune, laddove il realismo impera e la surrealtà diventa semplice stramberia a opera dei campeggiatori. Si fa chiarezza tra animali gonfiabili e in carne e ossa. Non fosse per il nano da giardino che si lava i denti.

Come nel più classico dei Wimmelbuch persino il quadro entro cui si svolge l’azione brulica, di curiose bizzarrie, di avventure, di piccoli accidenti quotidiani che colorano ogni angolo, anche il più nascosto, di fantasticheria. E il coccodrillo? Beh, lui continua a sfoggiare il sorriso sornione e si gode il finale, di cui conosceva già la colorata allegria.copertina

Eilika Mühlenberg, Camping – 2020 Pulce edizioni

Trovate questi libri tra gli scaffali del Giardino Incartato, libreria per ragazzi in via del Pigneto 303/c, Roma. Oppure, se non siete a Roma potete trovarci su Bookdealer o chiederci di spedire a casa vostra, lo faremo con molto piacere ricorrendo a Libri da asporto.

Il tesoro di Nina

Il tesoro di Nina è uno degli albi finalisti della sesta edizione del Silent Book Contest – Gianni De Conno Award 2019, primo concorso internazionale dedicato al libro senza parole promosso, tra glia altri, da Carthusia Edizioni che per gli albi selezionati ha ideato una collana dedicata.

L’autrice, Sonia Maria Luce Possentini è illustratrice, pittrice. Nelle sue opere, nei suoi libri crea, con l’equilibrio che ne caratterizza lo stile, poetico ed evocativo, storie che illuminano la realtà delle piccole cose, rivelandone la grandezza.

Il tesoro di Nina, di Sonia Maria Luce Possentini - 2020, Carthusia
Il tesoro di Nina, di Sonia Maria Luce Possentini – 2020, Carthusia

Il tesoro di Nina è un albo che saltella con grazia e leggerezza di scalpiccio di piedini sul bagnasciuga, per poi fermarsi, distrarsi mollemente a smuovere la superficie della sabbia e indugiare su quello che c’è, potrebbe esserci, al di sotto di essa.

In una delle prime tavole Nina indica un gabbiano, teso con un tratto deciso a tagliare l’aria, è l’immagine che introduce al senso dell’albo intero: questo ditino che punta verso una cosa meravigliosa, qual è un uccello in volo, lascia spazio a diverse domande che inducono e si radicano nella meraviglia.

Il tesoro di Nina, di Sonia Maria Luce Possentini - 2020, Carthusia
Il tesoro di Nina, di Sonia Maria Luce Possentini – 2020, Carthusia

La stessa immagine mi porta al pensiero di questa bambina ritratta sempre in movimento, anche quando questi ultimi sono lievi, piccoli movimenti di sguardi, di bocca, di mani e piedi in un contesto che sembra immobile pur muovendosi e lo fa non tanto per il mare, che rimane nonostante questa mia percezione, uno dei protagonisti principali: ciò che si legge di più è il vento, l’aria, il movimento del vento sulle cose che crea altro movimento e che genera la narrazione.

Il tesoro di Nina, di Sonia Maria Luce Possentini - 2020, Carthusia
Il tesoro di Nina, di Sonia Maria Luce Possentini – 2020, Carthusia

Si tratta di un albo gioioso in cui l’infanzia è protagonista e invita a prendersi il proprio tempo, per socchiudere gli occhi o spalancarli e fermarsi, tutto il tempo che si desidera, per averne per trovare bellezza, sorrisi, tesori.

Il Tesoro di Nina di Sonia Maria Luce Possentini, Carthusia Edizioni – 2020, 19,90 €, 36 pp.

Costruttori di stelle

Costruttori di stelle è un Silent book il cui tono iniziale è tutto giocato sui toni del grigio, è come se ogni cosa fosse coperta da una patina di vecchio, di polvere e di cenere; è come se la luna e le stelle si fossero spente e il loro stesso calore, che si intuisce un tempo sfavillante, le abbia tinteggiate di ombra. C’è il grigio nebbioso della Luna, di uno spicchio di luna, e il giallo opaco di una serie di stelle che appaiono abbandonate, decadenti, appuntate su un manto di cielo plumbeo, sul quale si staglia il titolo dell’albo, che si mostra sfocato, restituendo le parole come farebbe un neon quasi esausto.

Costruttori di stelle, di Soojin Kwak - 2019, Carthusia edizioni
Costruttori di stelle, di Soojin Kwak – 2019, Carthusia edizioni

Un camion, che ha tutto l’aspetto di un camion della nettezza urbana, si sposta su una strada il cui margine è fatto di pochi alberi sottili. Dal suo carico buio e scuro si perdono, cadendo, 3 stelle. In realtà alla guida di quel camion c’è una donna sorridente, che apre la lettura a qualcosa di molto diverso da un contesto cupo. Si ritrova lo stesso volto sereno in un ufficio durante una riunione. Ci si concentra attorno al progetto di una stella il cui prototipo sta ben custodito in una teca e fa da ispirazione ed esempio.

Costruttori di stelle, di Soojin Kwak - 2019, Carthusia edizioni
Costruttori di stelle, di Soojin Kwak – 2019, Carthusia edizioni

Una fabbrica di stelle che svela passo passo, e per la prima volta, le loro origini meccaniche. Un albo dallo sguardo che ha una diversa prospettiva in cui, per una volta, il progresso e la scienza umana sembrano aggiustare piuttosto che guastare, in un tempo che sembra fatto di materia onirica, di desideri intensi, di ombra e poi di luce.

Costruttori di stelle di Soojin Kwak è il libro vincitore del Silent Book Contest 2019 – Gianni de Conno Award, primo concorso internazionale dedicato i libri senza parole. Soojin Kwak è un’illustratrice nata in Sud Corea e cresciuta in una famiglia numerosa, oggi vive a Seoul, città che ama anche per la sua complessità; le sue illustrazioni sono realizzate con pittura digitale e texture. Questo è il suo primo libro.

copertina.jpgTitolo: Costruttori di stelle
Autore: Soojin Kwak
Editore: Carthusia
Dati: 2019, 19,90 €

Museum

Il libro (Da un soggetto di un maestro dell’albo illustrato, Javier Sáez-Castán, illustrato da Manuel Marsol, da poco insignito del Premio Internazionale di Illustrazione alla Fiera del Libro di Bologna.) si apre senza proferire alcuna parola, in realtà strada facendo, e si incomincia proprio nell’abitacolo di una macchina con una lunga strada davanti da percorrere, sotto la guida preponderante dello sguardo, una voce piuttosto ferma si alza dalle targhette, che in questo caso, essendo parte integrante delle opere d’arte esposte, definirei cartellini.

Museum, di Javier Sáez-Castán e Manuel Marsol - 2019, Orecchio acerbo
Museum, di Javier Sáez-Castán e Manuel Marsol – 2019, Orecchio acerbo


Mi colpisce in copertina uno sguardo che già sembra volgersi al passato, alla strada percorsa (o a me che leggo?) nel riflesso nello specchietto retrovisore; si procede con le targhette che si fanno rilevanti all’interno del testo narrativo, incominciando proprio dal titolo in copertina che è esso stesso il principio della narrazione, il titolo dell’opera e un’indicazione della linea, o perlomeno una di esse, di lettura.MUSEUM cover.jpg

Non è ben chiaro se fosse nelle intenzioni dell’uomo alla guida dell’auto rossa, del furgoncino rosso, andare a visitare il museo o meno. La struttura che lo ospita sembra essere proprio la sua meta, ma in realtà è il furgoncino che si rompe a imporre la fermata proprio davanti al suo vialetto d’ingresso, sebbene la strada fino alla porta sembri essere praticata molto di rado, sia fitta di erba e a malapena se ne scorga il profilo. Ciononostante è l’unica traccia di urbanità nel raggio di molti chilometri, per cui, dandosi un’aggiustatina al cappello, L’uomo si incammina. S’avvia a far parte.

Museum, di Javier Sáez-Castán e Manuel Marsol - 2019, Orecchio acerbo
Museum, di Javier Sáez-Castán e Manuel Marsol – 2019, Orecchio acerbo

Giunto davanti al portone il punto d’osservazione si fa chiaro. Dalla finestra, in un gioco prospettico che richiama gli studi sulle profondità e sulla prospettiva lineare quattrocenteschi, dal riquadro della pagina si entra nella cornice della finestra, dalla quale si scorge un quadro, che dietro alle cortine di una tenda svela una signora vestita di rosso, che appoggia le sue mani su una gabbia che contiene un pappagallo. Si tratta di Chaty con pappagallo. Chaty sorride, il pappagallo meno.

Museum, di Javier Sáez-Castán e Manuel Marsol - 2019, Orecchio acerbo
Museum, di Javier Sáez-Castán e Manuel Marsol – 2019, Orecchio acerbo

Fortunatamente il museo è aperto. La porta ha uno spioncino che pare disegnato, oppure tradisce la presenza di qualcuno all’interno, un qualcuno dagli occhi cerulei. Sull’architrave campeggia una linea orizzontale di occhi, e ancora c’è un occhio che è come se stesse spiando dall’interno verso l’esterno dal buco della serratura. Una volta entrati si comprende quanto non fosse una semplice casualità, si comprende che gli occhi intravisti dagli spiragli, dagli spioncini riflettevano il cielo azzurro, riflettevano, rappresentandolo, ciò che guardavano.

Museum, di Javier Sáez-Castán e Manuel Marsol - 2019, Orecchio acerbo
Museum, di Javier Sáez-Castán e Manuel Marsol – 2019, Orecchio acerbo

Lo avevamo intuito, dal tratto che richiamava fortemente Magritte, che saremmo entrati in un luogo surreale e che avremmo letto di surrealtà. Infatti, i quadri alle pareti immergono l’uomo in un contesto fatto di presente, passato eventi di vita vissuta, che si fanno via via esperienza e quindi ancora rappresentazione e poi presente, vissuto.

Museum, di Javier Sáez-Castán e Manuel Marsol - 2019, Orecchio acerbo
Museum, di Javier Sáez-Castán e Manuel Marsol – 2019, Orecchio acerbo

Dal quadro esce il pappagallo, che entra in collisione con la realtà presente dell’uomo che lo guardava rappresentato, mentre nei quadri entra il camioncino rosso. Riconoscendolo, l’uomo ne è sconvolto; comprende in un solo frangente quello che noi sospettavamo: la sua esistenza si sta mescolando all’astrazione di quella appesa ai muri, i cartellini lo sottolineano ed esplicitano: la sua esistenza sta diventando rappresentazione e il processo è valido anche nel senso inverso, per cui, le rappresentazioni stanno diventando realtà. Gli occhi sbarrati raccontano la presa di coscienza, fatta da sguardi che rilevano che non ci sono solo essere innocui ritratti nei quadri appesi alle pareti ma anche occhi sbarrati dal terrore, bestie spolpate delle quali rimangono solo dei teschi adornati di fiori e una tigre feroce, che perlomeno è stata rappresentata così. Una tigre guardiana.

Museum, di Javier Sáez-Castán e Manuel Marsol - 2019, Orecchio acerbo
Museum, di Javier Sáez-Castán e Manuel Marsol – 2019, Orecchio acerbo

L’uomo cerca una via di fuga, ma senza alcuna spiegazione o prevedibilmente, il museo ora è chiuso. L’unica sua via d’uscita, l’unica sua salvezza, è di riuscire a interagire scientemente con il presente che gli si rappresenta davanti ed essere quindi artefice lui stesso dei dipinti futuri.

Le illustrazioni di Manuel Marsol sono dipinte su legno, il che conferisce loro una consistenza densa e porosa, che assorbe e restituisce i colori proprio come assorbono e restituiscono i quadri che esse raccontano.

Il finale è sorprendente. Due volte sorprendente. Anzi, se si aggiunge la quarta di copertina, il finale è 3 volte sorprendente.

MUSEUM coverTitolo: Museum
Autore: Javier Sáez-Castán, Manuel Marsol
Editore: Orecchio acerbo
Dati: 2019, 52 pp., 14,00 €

Il pupazzo di neve

Nei paesi anglosassoni i bambini disegnano coi pastelli a cera. Mi ha sempre colpito questa scelta, lontana dalle consuetudini italiane: i pastelli a cera sono difficili da gestire,  però restituiscono un piacere che solo l’immediatezza corposa e densa del tratto può dare pienamente, allo stesso modo non permettono i dettagli. E il “non permettere i dettagli” è forse la loro qualità migliore. In Italia, a scuola, si tende a far stare i bambini nei contorni, anche in libreria mi chiedono spesso albi da colorare per bambini piccolissimi che ancora, però, non hanno imparato a gestire pienamente impugnatura e forza nell’uso del colore. Il pastello a cera è invece lo strumento del disegno libero, quello del “cosa vuoi che ti disegni?” piuttosto che del “colora questo cane”.

Ecco, questo per dire che se dovessimo rispondere al “cosa vuoi che ti disegni” di un bambino abituato all’uso dei pastelli a cera di disegnare un pupazzo di neve, il pupazzo che per primo mi immagino possa realizzare è quello celebre, rinomato, di Raymond Briggs.

Il pupazzo di neve, di Raymond Briggs - 2019 Rizzoli
Il pupazzo di neve, di Raymond Briggs – 2019 Rizzoli

Morbido, soffice, pieno, quasi carezzabile. Fatto di luci, di ombre, di bianco e di silenzio.

Fotogrammi che sono scene, uno dopo l’altro in sequenza. Cominciano dall’idea di pupazzo, che nasce nella mente di un bambino appena sceso dal letto, entusiasta della neve che è scesa durante la notte e si concludono con una separazione che non è amara come il sapore di un addio.

In una notte d’inverno un pupazzo di neve prende vita e accetta l’invito del bambino che l’ha costruito a entrare in casa, di notte, mentre i genitori, ignari della magia che si sta compiendo attorno a loro, dormono. Assieme scoprono tutte le cose incredibili e strane che in una casa possono essere custodite, badando a stare attenti al fuoco, rinfrescandosi un po’ al freddo del frigorifero, cenando a lume di candela e non dimenticando di sparecchiare.

Il sogno si sposta poi all’aperto che è il luogo familiare invece al pupazzo. Indossa il cappello e per mano quasi trascina il bambino alzandosi in volo su un panorama sconfinato e imponente, brillante pur nel buio della notte.

Il pupazzo di neve, di Raymond Briggs - 2019 Rizzoli
Il pupazzo di neve, di Raymond Briggs – 2019 Rizzoli

Il pupazzo di neve è un libro che parla di amicizia, ma si muove con naturalezza nella dimensione del sogno, così come con altrettanta naturalezza ci racconta di una separazione drammatica e quindi della morte. È un libro senza parole, che ne regala tante e che raccomando come lettura natalizia, invernale, intensa.

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Autore: Raymond Briggs
Editore: Rizzoli
Dati: 2019, 30 pp., 15,00 €

Un lupo nella neve

Un lupo e una bambina nella neve. Insieme, a sé stanti. Ciascuno smarrito nella tormenta, ciascuno impaurito e tremante, entrambi in sintonia l’uno con l’altro, diversissimi.

È la storia del tempo sospeso. Di quegli istanti in cui ci si osserva, ci si annusa, cercando di comprendere l’uno le intenzioni dell’altro. Vorrà accarezzarmi? Vorrà afferrarmi?, si chiede il lupo mentre sta nella parentesi bianca e soffice del tempo sospeso in cui tutto, davvero tutto, può avvenire, in cui nessuno sa, in cui solo ci si chiede.

Un lupo nella neve, di Matthew Cordell - 2018, edizioni Clichy
Un lupo nella neve, di Matthew Cordell – 2018, edizioni Clichy

Un lupo nella neve, vincitore del prestigioso Caldecott Medal 2018 (il più prestigioso riconoscimento statunitense per la letteratura dell’infanzia), è un libro senza parole che si apre con un prologo che anticipa tutto, anche il titolo, e che ci pone in un dove e quando molto circostanziato; ci fornisce tutte le informazioni utili per muovere i nostri passi nella storia che verrà. C’è una casetta ai margini del bosco, calda, accogliente, in cui vive una piccola famigliola: papà, mamma, bambina e cane. Il tempo fuori è sereno, i campi ancora croccanti dell’erba giallognola dell’autunno, lo sguardo sullo spazio aperto e sul cane, che, in lontananza, dinanzi all’uscio di casa, saluta abbaiando. Le immagini si velano di fiocchi di neve che cadono ancora radi e ci accompagnano fino a due cammei, in uno la bambina (il cui cappotto rosso richiama la celebre Cappuccetto) spicca, solitaria, su una collina, nell’altro un branco di lupi su un’altra, si direbbe dirimpetto, annusa l’aria, ulula al cielo. Ancora separati, ancora mondi a sé stanti soggetti alle stesse intemperie.

Un lupo nella neve, di Matthew Cordell - 2018, edizioni Clichy
Un lupo nella neve, di Matthew Cordell – 2018, edizioni Clichy

Capita che la neve cominci a cadere con maggiore intensità e che un cucciolo di lupo perda le tracce del proprio branco, raccontato con tratti realistici in inchiostro e acquerello, e che la bambina lo veda, senta i suoi guaiti di paura e si chini, pronta ad accoglierlo. In questo momento è il cucciolo di lupo ad annusare il tempo sospeso, a valutare se potersi fidare o meno. Una macchia rossa nella neve potrebbe rivelarsi tiepida o bollente. Bisogna ben considerare e poi decidere se lasciar spazio alla paura o all’istinto e fidarsi.

Nelle illustrazioni seguenti il lupacchiotto è avvoltolato nella mantellina rossa, tiepida. La bambina, coraggiosa e intraprendente, segue gli ululati per restituirlo al branco. Nel momento in cui bambina infagottata e lupi dal manto ispido e selvatico si incontrano, i tempi sospesi sono due: quello della lupa che non sa se l’umana voglia far del male o meno al proprio cucciolo e quello della bambina che non sa se l’animale reagirà in maniera aggressiva, spaventato.

Un lupo nella neve, di Matthew Cordell - 2018, edizioni Clichy
Un lupo nella neve, di Matthew Cordell – 2018, edizioni Clichy

E invece a prevalere è la riconoscenza che non si ferma al semplice agire in maniera temperata, ma che lascia una scia di consapevolezza e intelligenza che è una traccia ben chiara nella neve in tempesta e che permetterà alla famiglia della bambina in rosso, presente sulla scena grazie alla luce delle torce che fende l’aria, di trarla in salvo dal bosco in cui si era smarrita.

Ululare e abbaiare, talvolta, hanno lo stesso timbro, quello della generosità, dell’amicizia, pur essendo lingue diverse.

imageItem.jpgTitolo: Un lupo nella neve
Autore: Matthew Cordell
Editore: Clichy
Dati: 2018, 32 pp., € 19,00

La porta

A volte per entrare in un mondo completamente diverso da quello cui siamo abituati a vivere basta una chiave. Altre volte è necessario lavorare molto di fantasia; altre ancora ci si illude di essere altrove e invece siamo proprio laddove siamo sempre stati; altre ci si arriva stringendo, forte, la mano di un amico. Chiudendo gli occhi e poi aprendoli, all’improvviso.la porta1

Questa volta basta una chiave. Basta esattamente quella chiave.

Piccola da entrare comodamente nel foro del lucchetto ma abbastanza resistente da essere sopravvissuta indenne al tempo, a giudicare dalle ragnatele che avvolgono la serratura molto lungo, che l’ha dimenticata. Basta esattamente quella chiave lì, indicata dalla proboscide di un moscerino azzurro e rosso. Quella chiave e quella strada, una voluta, un ghirigoro nell’aria e via;

E la mano curiosa di un bambino dallo sguardo stupefatto perché a nessuno, ma proprio a nessuno, quella chiave interessa. Non al signore con l’impermeabile che ha già lasciato la pagina; né alla signora troppo corrucciata per pensare ad altro che ai suoi pensieri; né all’uomo con la valigia, che forse ha un po’ di fretta;

E il passo curioso di un bambino che, chiave alla mano, segue il moscerino rosso e blu, noncurante degli sguardi attorno a lui, tutti cupi, tutti di sbieco, tutti diffidenti. Tutti grigi, anche il bambino è grigio, anche il portone pieno di ragnatele è grigio. In questo mondo che stiamo conoscendo e che ci turba coi suoi sguardi in tralice.

La porta, di Ji Hyeon Lee - 2018, Orecchio acerbo
La porta, di Ji Hyeon Lee – 2018, Orecchio acerbo

La chiave gira e quello che vediamo attraverso lo spiraglio che si apre è a colori, invece. Colori vivi e strane creature accoglienti che anche quando rimbrottano il bambino per aver battuto contro quella che sembra una chitarra molto costosa, sembrano cordiali.la porta

Creature dal becco lungo e rosso che parlano una lingua che comprendo leggendola nei fumetti tondi, un po’ cirillico un po’ arabesco. Che fai lì? Mi chiamo… Hai fame, che coincidenza! stiamo organizzando un pic nic! Vieni! Mi pare dica la piccola becco rosso. Al pic nic ci sono anche gli scoiattoli, hanno portato l’aranciata e parlano una lingua che comprendo, uno po’ arabo, un po’ ghirigoro. Chi? Ma dove? Yuppiiii!

La porta, di Ji Hyeon Lee - 2018, Orecchio acerbo
La porta, di Ji Hyeon Lee – 2018, Orecchio acerbo

Dopo il pic nic c’è la festa di matrimonio della signora drago rosa con il signor essere bassetto e il bambino ha l’occasione di scambiare due parole con il suonatore di viola, non di chitarra, che gli porge la chiave che aveva lasciato cadere e non era riuscito a restituirgli: E tua? Ma no che non ti stavo sgridando! Ecco…

Meraviglioso questo albo di Ji Hyeon Lee. Senza parole, pieno di stramberie, deliziose surrealtà e senso. Meglio lasciarla socchiusa la porta, la chiave nel lucchetto; meglio che si intraveda, ché anche se uno solo di quegli sguardi in tralice cogliesse un po’ di meraviglia sarebbe splendido. Meraviglioso.

262 La portaTitolo: La porta
Autore: Ji Hyeon Lee
Editore: Orecchio acerbo
Dati: 2018, 52 pp., 15,90 €