Un bambino, un cucciolo e alcuni pulcini sono tutti molto piccoli.
Questo, l’incipit dell’albo di Ruth Krauss e Helen Oxenbury, che racconta in poche parole già di per sé una storia. Una storia che ha diversi protagonisti, che hanno a loro volta dei tratti comuni, una situazione di partenza identica: sono tutti molto piccoli. Il bambino scende gli scalini con cautela, il cucciolo in braccio al proprio padroncino guarda davanti a sé con le zampette e gli occhi spalancati per la tensione dell’uscio varcato, dal tepore casalingo verso l’esterno del cortie innevato; i pulcini che becchettano per fare poche pause fatte di alette sbattute, testoline inclinate, curiose. E nell’angolo un alberello, piccolo anch’esso. In attesa.

È una cornice questa pagina di apertura che apre alle seguenti in cui domina la parola “crescere” in tutte le sue coniugazioni. Cresce il cucciolo, crescono i pulcini, crescono i fiori, crescono gli alberi; crescono i giorni dell’avvicinarsi dell’estate a scapito delle notti, e crescerà il bambino, in un susseguirsi di tavole dal tocco gentile, come di cura, lieve; descrittive nell’ordine del dare un sostegno coerente a un testo che è del 1947 e che di quell’epoca conserva i toni.

Che si sia in una storia del 1947 sarà utile tenerlo a mente, nel considerare la cura del riporre il capo (l’unico) invernale, nella scatola, ben ripiegato, sullo scaffale in quella che è una parentesi nell’andamento “in crescita” della storia: arriva l’estate, le giornate diventano calde, sarà bene cambiare vestiti, indossarne di più leggeri. Il bambino e la mamma piegano i vestiti invernali, poi il bambino, in un’immagine che traduce lo sforzo del tendersi verso un punto più in alto, sulle punte dei piedini, sulla sedia, sistema la scatola su uno scaffale come a voler dire: non ci arrivo oggi ma crescerò e sarò capace di prendere la scatola tra qualche mese. Anticipa, questa immagine, e chiude la parentesi, tendendosi verso il prosieguo della storia tra le cui pagine si ricomincia a crescere e crescere.

Crescono piccole pannocchie sulle piante di granturco, cresce il cucciolo a vista d’occhio, crescono i pulcini, ormai quasi polli. La mamma non cresce, unica adulta presente, per lei è naturale non farlo, ma comunque si specchia, la mamma, come a volerla tenere a mente questa sua condizione di stasi. “E io crescerò?” chiede il bambino. “Certo che crescerai!” risponde la mamma.
Il cucciolo è cresciuto. È diventato un cane. E arriva quasi alle spalle del bambino. Il bambino guarda i polli e guarda il cane. Siete cresciuti tutti. Io invece non sono cresciuto. Sono ancora piccolo», dice.
Da qui in poi, arrivando l’autunno, la conclusione della storia che cresce si fa rutilante, fa le capriole. Il bambino indossa i suoi abiti pesanti ed è tutto un rimirarsi: i pantaloni sono corti, le maniche corte, la giacca stretta. Sta crescendo anche lui!

Piccola nota: ho cercato le immagini della prima edizione, illustrata da Phyllis Rowand. Le ho trovate altrettanto calzanti e poetiche, con elementi rarefatti a sottolineare il momento effimero della rappresentazione: il cagnolino è tale ora ma sarà cresciuto nel giro di pochi giorni. Il volto pensoso del bimbo e i suoi vestiti, semplici ma testimoni fedele di un momento che passa.
Titolo: Una storia che cresce
Autore: Ruth Krauss, Helen Oxenbury, A. Pascutti (Trad.)
Editore: Il Castoro
Dati: 2017, 40 pp., 13,50 €
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